MILANO – Incertezza economica, ma non solo: quali sono le reali motivazioni dell’attuale inverno demografico.? Se infatti, in Italia quasi un giovane su 2 (il 45%), di età compresa tra i 24 e i 28 anni, afferma di non volere un figlio prima dei 35 anni, mentre il 75% ne vorrebbe solo uno, le cause vanno ricercate in una serie di fattori, non necessariamente legati a questioni economiche.
Sono queste alcune delle evidenze emerse nello studio Per una primavera demografica, realizzato dalla Fondazione Magna Carta, in collaborazione con JOINTLY, WellMakers by BNP Paribas, Engineering e Prysmian Group, che è stato al centro dell’incontro Nascere: una questione non solo privata – Un’alleanza tra Stato e aziende per sconfiggere la denatalità, organizzato dalla Fondazione Magna Carta e dai suoi partner, che si è tenuto oggi a Milano, nell’auditorium di Engineering.
L’evento ha visto la partecipazione della Sottosegretaria alla economia e alle finanze, Lucia Albano, dell’Assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Lombardia, Simona Tironi, che, insieme alla Senatrice Annamaria Parente e al professor Gian Carlo Blangiardo, hanno dialogato con Anna Zattoni, Presidente e Co-founder di JOINTLY, Stefano Colasanti, Head of WellMakers by BNP Paribas, e Maddalena Mendola, Group Total Reward Director di Engineering.
L’incontro è stato anche l’occasione per presentare l’Osservatorio sulla Crisi Demografica di Magna Carta, realizzato in partnership con WellMakers by BNP Paribas, JOINTLY e Acea.
L’Osservatorio, diretto dalla Senatrice Annamaria Parente con la direzione scientifica del professor Gian Carlo Blangiardo, vuole essere uno strumento di ricerca innovativo che punta a proseguire l’indagine non solo sulle cause della denatalità in Italia, ma anche sugli strumenti utili a contrastarla, monitorando il fenomeno e il suo legame con l’andamento del mercato del lavoro, grazie al coinvolgimento di tutti gli attori implicati, a partire dalle aziende e dalle Istituzioni.
Tra i temi al centro dell’incontro anche le differenze territoriali relative alle motivazioni della rinuncia alla genitorialità evidenziate dalla ricerca Per una primavera demografica.
Se per le regioni del sud l’incertezza economica è al primo posto tra le cause alla base della rinuncia alla genitorialità, nel nord del Paese le motivazioni principali sono invece da ricercare soprattutto nelle limitazioni che il diventare genitori può comportare per il proprio percorso professionale e nella mancanza di conciliazione tra lavoro e vita privata, condizioni valutate 9 su una scala di 10 dagli intervistati residenti in nord Italia. Un punteggio che scende a 7 tra gli intervistati al sud. Nelle regioni del Paese dove sono più sentite le aspirazioni di carriera e il raggiungimento degli obiettivi personali, dunque, è anche più forte il timore di non riuscire a risolvere la conciliazione, ovvero la capacità di essere genitori e lavoratori allo stesso tempo. Un timore che si riflette in dati allarmanti rispetto alla natalità anche in Lombardia, dove le nascite nel 2023 sono state, secondo i dati regionali, circa 65mila, con una contrazione del 2,3% rispetto al 2022. Un decremento che accomuna tutta la regione a partire da Milano che, stando alle statistiche comunali, negli ultimi vent’anni ha visto una riduzione delle nascite del 25%, pur a fronte di un leggero aumento della popolazione dovuto all’attrattività e al saldo migratorio del capoluogo lombardo. Quanto alle aree interne lombarde, il calo della popolazione negli ultimi dieci anni è stato pari al 4,1%.
“Il timore di non riuscire a conciliare vita lavorativa e familiare prevale proprio nelle regioni italiane con una maggiore offerta di lavoro e sistemi di servizi più sviluppati. Queste paure frenano la decisione di mettere al mondo un figlio, spingendo molti a rimandare o escludere del tutto tale scelta”, ha commentato la senatrice Annamaria Parente, Direttrice dell’Osservatorio sulla Crisi Demografica di Magna Carta. “Fenomeni come la denatalità non dipendono solo da fattori economici, ma da ragioni più profonde, culturali e antropologiche”, ha aggiunto Parente. “A Milano, ad esempio, nonostante il tessuto produttivo sia molto avanzato, l’età media delle mamme al primo parto è 35 anni. Le aree interne della Lombardia, negli ultimi dieci anni, hanno perso il 4,1% della popolazione. Di fronte a questi dati, diventa essenziale che le politiche pubbliche sostengano le iniziative imprenditoriali che favoriscono natalità e genitorialità, evitando che le aziende, le famiglie e le donne restino sole nell’affrontare sfide così complesse. Quello che serve è un’alleanza forte tra Stato e aziende. Solo una strategia condivisa e continuativa, che superi i limiti dell’alternanza politica, può produrre risultati tangibili, a livello regionale e nazionale. Per questo motivo, la Fondazione Magna Carta e i suoi partner WellMakers by BNP Paribas, JOINTLY e ACEA – aziende leader nel welfare aziendale e nel wellbeing – hanno istituito l’Osservatorio sulla Crisi Demografica: una struttura permanente dedicata alla ricerca, al monitoraggio continuo dei dati sulla natalità e delle relative politiche pubbliche e aziendali. Le scelte fatte oggi in tema di natalità,” conclude Parente, “avranno un impatto sulle tendenze demografiche dei prossimi vent’anni. È necessario creare ambienti favorevoli alle nascite, partendo proprio dai luoghi di lavoro”.
“La tendenza demografica in Lombardia riflette quella del resto d’Italia, pur risultando meno critica rispetto alle regioni del Mezzogiorno,” ha spiegato il professor Gian Carlo Blangiardo, Direttore scientifico dell’Osservatorio sulla Crisi Demografica di Magna Carta. “Questo soprattutto per effetto di due componenti principali. Da un lato l’immigrazione, particolarmente presente al Nord e che attenua gli effetti della denatalità; dall’altro la forte attrazione migratoria interna che convoglia flussi significativi da altre regioni. Se alcune aree, soprattutto nella città metropolitana di Milano, mostrano ancora una discreta vivacità demografica, altre province lombarde non seguono lo stesso andamento. Resta comunque evidente che la crisi demografica e la denatalità interessano l’intero Paese, incluse le aree economicamente più sviluppate. Con l’Osservatorio sulla Crisi Demografica intendiamo monitorare una dinamica preoccupante e le sue conseguenze. Non ci limitiamo però all’osservazione: il nostro obiettivo è agire in modo propositivo, analizzando le cause della denatalità, suggerendo interventi per mitigarne gli effetti e, se possibile, invertirne la tendenza. Il primo passo per realizzare questa diagnosi e terapia è stato studiare il fenomeno, indagando i comportamenti delle persone e in particolar modo dei giovani che rappresentano i genitori di oggi e di domani. Questo ci ha permesso di identificare le criticità su cui intervenire. Con la pubblicazione della ricerca Per una Primavera Demografica, abbiamo avviato un percorso di analisi e proposta che ora vogliamo proseguire, ampliando il coinvolgimento di diversi attori nei processi di contrasto alla denatalità. Non solo le amministrazioni pubbliche ma anche l’ambito delle imprese e del welfare aziendale. Solo attraverso un’azione congiunta sarà possibile affrontare con efficacia il declino demografico del Paese”.