L’AQUILA – Riportiamo l’omelia di Mons. Orlando Antonini, ieri alla cerimonia esequiale dell’arch. Giuseppe Santoro che si è svolta nella Chiesa di San Silvestro all’Aquila. Oltre i riferimenti evangelici e alla Fede,
Mons. Antonini ha tracciato di Peppe Santoro un interessante compiuto profilo biografico e professionale.
“Carissimi Amici, avrei voluto essere presente al momento del trapasso dell’amico Peppe Santoro da questo mondo al Padre, per sussurrargli il bellissimo commiato previsto dal Rituale: “Parti, anima cristiana, da questo mondo, nel nome di Dio Padre onnipotente che ti ha creato, nel nome di Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che è morto per te sulla croce, nel nome dello Spirito Santo, che ti è stato dato in dono; la tua dimora sia oggi nella pace della santa Gerusalemme, con la Vergine Maria, Madre di Dio, con San Giuseppe, con tutti gli angeli e i santi”.
L’architetto Santoro, al cui grande talento corrispondeva una personalità riservata, di grande sobrietà, era amabilissimo, un signore. Il suo ambiente naturale era la famiglia; la sua forza, il grande amore per Gabriella, nessuno che lo conosca potrebbe immaginarlo se non con lei accanto e, con lei, i figlioli Chiara, Ilaria, Federico.
Architetto, urbanista, scenografo, designer, insegnante, figlio di Silvio, pittore e illustratore. Protagonista della storia dell’Aquila attraverso svariati progetti pubblici e privati che hanno dato il volto alla città, come il Teatro Comunale, il Ridotto del Teatro, Palazzo Quinzi, Palazzo Gualtieri, il teatro Sant’Agostino, l’auditorium del Castello, Piazza Duomo, l’illuminazione del centro storico dell’Aquila, la sede dell’ANCE, la sede della Forestale alla Polveriera, il recupero del Gran Caffè Eden e quant’altro, e piani urbanistici, la valorizzazione di siti archeologici come Massa d’Albe, Peltuinum e di complessi monumentali come san Colombo a Barisciano e san Francesco a Fontecchio. Suo fu anche il progetto di palco che nel 1980 fu eretto a Collemaggio davanti alla basilica per la grande celebrazione liturgica in occasione della visita di Papa Giovanni Paolo II all’Aquila.
Di ogni progetto disegnava al vero i particolari, mostrando una enorme padronanza del disegno di dettaglio, dei materiali, e un talento straordinario per la rappresentazione grafica, lo schizzo, la prospettiva. In una parola: per l’Architettura. E altrettanta passione per il cantiere, la sapienza del buon costruire dell’artigiano. E, con l’architettura, anche l’arte pittorica, sensibile all’idea che l’arte è in fondo una forma di rivelazione di Dio. Ha espresso in modo sorprendente le sue ispirazioni e le sue emozioni in immagini. I momenti di libertà dal lavoro li ha dedicati appunto alla pittura, perlopiù nella casa-rifugio di Castelvecchio Calvisio, sempre con Gabriella a fianco. Una casa aperta, accogliente, dalle squisite tertulie con esponenti del mondo della cultura e dell’arte – ricordo in particolare il nostro compianto Ferdinando Bologna – e dove Peppe, negli anni, ha dato vita a una straordinaria produzione di tempere e acquerelli, di alcune bellissime mi ha fatto anche omaggio e che, nel 2018 a Palazzo Lucentini-Bonanni, è stata oggetto di una mostra personale molto apprezzata da tantissimi visitatori.
Inoltre, considerava il lavoro come valore primigenio. Dio appunto, affidando all’uomo il compito di coltivare e curare la terra prima del peccato originale, non dopo, ha attribuito al lavoro un valore santo in sé: attraverso di esso, l’uomo non solo si nobilita, ma può santificarsi. Solo la fatica del lavoro è conseguenza del peccato originale.
Amici carissimi, con Giusepope Santoro L’Aquila perde un altro dei suoi migliori talenti e inventori, e lascia straziata la sua diletta famiglia. Cara Gabriella, Chiara, Ilaria, Federico, vi sono vicino e solidale nel dolore con i moltissimi amici ed estimatori qui presenti e direi con tutti gli Aquilani che come Peppe amano appassionatamente la propria città. Come amo ripetere, fino ad ora voi avevate Peppe vicino sì, ma accanto a voi; ora voi lo avete dentro. Vedrete che vi sarà di forte conforto e aiuto. La fede in Cristo ci assicura che l’ultima parola non è della morte ma della resurrezione dei morti, della vita eterna. L’abbiamo sentito nella prima lettura. E nel Vangelo abbiamo sentito Gesù che dice al Padre: Padre, voglio che anche questi siano con me dove sono io. ‘Voglio’: non ‘desidero’, non ‘fa che’, ma ‘voglio’, una precisa volontà. Da vedere se anche noi vogliamo essere con lui dove egli è, giacché, come in un matrimonio, per essere in due occorre il consenso di entrambi. Se anche noi vogliamo essere con Gesù, saremo sempre con lui davvero: questo è paradiso. Peppe Santoro sarà con Gesù dove è lui, perché aveva creduto in lui e accettato il piano di Dio su di sé.
Peppe carissimo, “ora che stai lasciando questa vita”, continua la preghiera del Rituale, “ti venga incontro la Vergine Maria con gli angeli e i santi. Venga a liberarti Cristo Signore, che per te ha dato la sua vita; venga a liberarti Cristo Signore, che per te è morto sulla croce; ti accolga in paradiso Cristo Signore, Figlio del Dio vivo. Egli, divino Pastore, ti riconosca tra le pecorelle del suo gregge, ti assolva tutti i tuoi peccati e ti riceva tra gli eletti nel suo regno. Mite e festoso ti appaia il volto di Cristo e possa tu contemplarlo per tutti i secoli in etermo. Ti raccomando, carissimo amico Peppe, a Dio onnipotente: ti affido a lui come a sua creatura perché tu possa tornare al tuo creatore, che ti ha formato dalla polvere della terra”.
Amen.
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