L’AQUILA: – “Macerie ovunque, una città fantasma, 309 vite troncate, una comunità tramortita, i riflettori del mondo puntati su coloro i quali, pur non avendo perso la vita, erano stati annullati nella propria interiorità. E poi tanto dolore, lacrime, disperazione, paura di non riuscire a reagire. Ferite che a distanza di otto anni non si cicatrizzano perché pur essendo trascorso quasi un decennio, le persone che hanno vissuto quella famigerata notte mai potranno dimenticare. Perché chi alle ore 3:32 del 6 aprile 2009 a L’Aquila c’era, il terrore di aver visto la morte in faccia se lo porterà per sempre dentro sé. Belice ’68, Friuli ’76, Irpinia ’80, L’Aquila 2009. Contesti sociali differenti, a volte anche fra loro opposti, ma la sofferenza e il tormento sono sempre i medesimi”. Con queste parole il Consigliere regionale Leandro Bracco ha voluto ricordare l’immane tragedia causata dal terremoto che sconquassò la città de L’Aquila esattamente otto anni fa.
“Che sia un dovere onorare sine die le vite dei 309 innocenti le cui esistenze furono barbaramente troncate è fuori discussione – commenta l’esponente di Sinistra Italiana – Un ulteriore dovere per chi rappresenta gli interessi della collettività è però quello di focalizzare l’attenzione sulle 1600 persone che a causa del sisma subirono traumi le cui conseguenze fisiche sono ancora purtroppo ben visibili. Conseguenze fisiche che per moltissimi hanno significato disabilità permanenti e inabilità a svolgere qualsiasi tipo di lavoro. Per non parlare poi di tutti quei ragazzi che nel giro di pochi attimi hanno visto completamente stravolta la propria esistenza a causa della morte di uno o di entrambi i genitori. A tutte queste persone chi ha l’onore e l’onere di occuparsi della cosa pubblica deve concentrare la propria attenzione per fare in modo che la vita di questi cittadini possa essere la meno tormentata possibile.
In ballo – conclude Leandro Bracco – c’e’ la credibilità delle istituzioni ma soprattutto la capacità o meno della classe dirigente a farsi promotrice e parte attiva dei bisogni di coloro i quali hanno visto le proprie vite devastate”.