L’AQUILA: – Sabato 6 Dicembre 2014 alle ore 18.00 il Ridotto del Teatro Comunale dell’Aquila si trasforma in un palcoscenico operistico con il Gianni Schicchi di Puccini. In collaborazione con il Conservatorio di Pescara, prodotta dal Teatro Marrucino di Chieti e con la formazione orchestrale sinfonica abruzzese si chiude la stagione lirica in forma di concerto per la 40° Stagione Concertistica dell’ISA. Anche quest’anno le tre produzioni liriche del Teatro teatino sono state inserite nel cartellone del capoluogo regionale in forza ad una strettissima collaborazione fra enti musicali.
Opera in un atto, Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, basata su un episodio del Canto XXX dell’Inferno di Dante (vv. 22-48) è parte di un trittico con il Tabarro e Suor Angelica. Schicchi è certamente la più famosa, una farsa piena di avidità e connivenze composta da Puccini nel 1918 eseguita in prima assoluta al Metropolitan di New York. Maestro Concertatore e direttore è Gabriele Bonolis per la regia di Ferenc Anger, narratore d’eccezione per le opere in forma di concerto è il musicologo Francesco Sanvitale.
La Trama
Gianni Schicchi, famoso in tutta Firenze per il suo spirito acuto e perspicace, viene chiamato in gran fretta dai parenti di Buoso Donati, un ricco mercante appena spirato, perché escogiti un mezzo ingegnoso per salvarli da un’incresciosa situazione: il loro congiunto ha infatti lasciato in eredità i propri beni al vicino convento di frati, senza disporre nulla in favore dei suoi parenti.
Inizialmente Schicchi rifiuta di aiutarli a causa dell’atteggiamento sprezzante che la famiglia Donati, dell’aristocrazia fiorentina, mostra verso di lui, uomo della «gente nova». Ma le preghiere della figlia Lauretta (romanza «O mio babbino caro»), innamorata di Rinuccio, il giovane nipote di Buoso Donati, lo spingono a tornare sui suoi passi e a escogitare un piano, che si tramuterà successivamente in beffa. Dato che nessuno è ancora a conoscenza della dipartita, ordina che il cadavere di Buoso venga trasportato nella stanza attigua in modo da potersi lui stesso infilare sotto le coltri, e dal letto del defunto, contraffacendone la voce, dettare al notaio le ultime volontà.
Così infatti avviene, non senza che Schicchi abbia preventivamente assicurato i parenti circa l’intenzione di rispettare i desideri di ciascuno, tenendo comunque a ricordare il rigore della legge, che condanna all’esilio e al taglio della mano non solo chi si sostituisce ad altri in testamenti e lasciti, ma anche i suoi complici («Addio Firenze, addio cielo divino»).
Schicchi declina dinanzi al notaio le ultime volontà e quando dichiara di lasciare i beni più preziosi – la «migliore mula di Toscana», l’ambita casa di Firenze e i mulini di Signa – al suo «caro, devoto, affezionato amico Gianni Schicchi», i parenti esplodono in urla furibonde. Ma il finto Buoso li mette a tacere canterellando il motivo dell’esilio e infine li caccia dalla casa, divenuta di sua esclusiva proprietà.
Fuori, sul balcone, Lauretta e Rinuccio si abbracciano teneramente; mentre Gianni Schicchi sorridendo contempla la loro felicità, compiaciuto della propria astuzia.