L’AQUILA. – “Studenti, dottorandi, specializzandi, personale tecnico-amministrativo, ricercatori e personale docente dell’Università dell’Aquila.
On. Legnini, Illustre Prefetto del Governo, Rettrice, Presidente della Regione, Presidente della Provincia, Sindaco, Autorità tutte.
Ci troviamo a vivere un contesto in cui le difficoltà economiche persistono e la tanto ricercata ripresa ritarda ogni anno, come se fosse scandita dallo scorrere del tempo, piuttosto che dalle scelte attuali in materia di politica economica. Ci troviamo a vivere in un contesto dove l’istruzione e l’università non sono ancora le prime scelte, ma solamente una spesa da sostenere o uno spot da proclamare. Ma è difficile uscire da una crisi economica e sociale se continuiamo a guardare all’Europa solamente in termini restrittivi e non iniziamo invece a prendere ad esempio le buone pratiche. Sarebbe corretto prendere come riferimento l’Europa anche nelle scelte in termini di diritto allo studio con un suo vero finanziamento o alla contribuzione studentesca prendendo decisioni coerenti con il contesto economico della società, si veda ad esempio la recente scelta della Germania con l’eliminazione della contribuzione.
E’ quindi all’Europa che dobbiamo guardare e provare a ricordarci di quei patti che abbiamo siglato con le altre Nazioni che non prevedono tagli e sacrifici. Ci riferiamo, in particolare, all’obiettivo “Europa 2020” al cui interno, saggiamente, è stato introdotto tra i 5 punti uno sull’Istruzione che afferma due chiari e semplici obiettivi:
? riduzione dei tassi di abbandono scolastico precoce al di sotto del 10% .
? aumento al 40% nella fascia di età 30-34 anni di cittadini con un’istruzione universitaria
Il 2020 non è un anno molto lontano anzi, in termini di programmazione questa data è dietro l’angolo. Dobbiamo quindi riflettere su cosa è stato fatto fino ad ora, ma soprattutto su quali sono le scelte attuali e che impatto hanno sul futuro della nostra università.
E’ proprio di questi giorni uno studio di ALMALAUREA che insieme al Sole24Ore ha evidenziato allarmanti dati sugli immatricolati all’Università per il 2013. Infatti solamente 3 dicianovenni su 10 scelgono di iscriversi all’Università una volta completati gli studi superiori.
La prima causa, afferma lo studio, di questo dato, è la difficoltà economica delle famiglie che non possono garantire ai propri figli il completamento del proprio percorso di studi. Tutto questo mentre il numero degli immatricolati dall’anno accademico 2004/2005 è sceso del 20,4% e la quota degli abbandoni è del circa 14,8% dopo il primo anno (dati 2011/2012). Numeri, studi, dati che ci mostrano che la direzione che il nostro sistema universitario ha intrapreso non è di certo una di quelle che possa portare al 40% dei laureati nel 2020, piuttosto rende ancora più difficile l’accesso e il completamento degli studi per quei sempre meno studenti che possono frequentarla. Noi riteniamo che l’Università non solo non dovrebbe alienarsi da responsabilità circa la possibilità di invertire il contesto economico sociale e culturale del nostro Paese, ma anzi oltre ad essere un’attenta osservatrice della realtà dovrebbe, anche utilizzando la sua autonomia, avere il coraggio di scelte in controtendenza, in questo caso espansive e non ancor più restrittive. E l’Università, che non è più e non deve tornare ad essere un semplice distacco ministeriale, deve avere la forza e il coraggio per giocare un ruolo nella costruzione di politiche universitarie nazionali, anche confliggendo con le scelte restrittive dei governi di turno.Gli organismi nazionali del sistema universitario stanno provando a fare la propria parte. Parliamo del CNSU, del CUN e della CRUI. Nessuno dei tre organismi infatti sta lesinando critiche alle scelte economiche nazionali riguardanti l’università e il diritto allo studio. La stessa CRUI recentemente ha aperto diversi confronti con il Governo ed in particolare con il MIUR sul Finanziamento Universitario e persino sulle modalità di accesso ai corsi di Laurea in Medicina. Quest’Ateneo può giocare un ruolo importante in questa visione, avendo, tra i pochi in Italia, propri rappresentanti in tutti e tre gli organismi nazionali del sistema universitario. Ma se si condivide una critica al sottofinanziamento nazionale del sistema universitario e del diritto allo studio; se si condivide che la progressiva riduzione degli studenti universitari in Italia ci allontana dall’Europa e rappresenta un problema serio per il Paese; se si vuole su questo provare a fare una battaglia nazionale comune, allora si deve avere il coraggio, anche qui all’Aquila, di praticare scelte in controtendenza con il
quadro nazionale.
Si deve evitare di essere più realisti del re e di trasformarsi in banali uffici distaccati del ministero e tornare ad esercitare gli spazi dell’autonomia per praticare politiche “di crescita” e non di riduzione.
Anche il contesto regionale vive una fase di potenziale cambiamento. E’ necessario però che il cambiamento sia reale e in una direzione effettivamente favorevole a noi studenti e ai nostri bisogni. I segni iniziali, per dirla tutta, non sono affatto promettenti. A 6 mesi dalle elezioni regionali infatti ancora non c’è chiarezza sul rinnovo dei CdA delle Adsu. I Presidenti delle 3 Aziende e i 4 consiglieri di amministrazione di nomina regionale presenti in ogni Adsu regionale, esercitano attualmente il proprio mandato in regime di sostanziale “prorogatio”. Ancor più grave è la situazione dei rappresentanti degli studenti dell’Adsu dell’Aquila, eletti dalla popolazione studentesca ormai 6 mesi fa e non ancora nominati con decreto della Regione.
Il mandato dei rappresentanti degli studenti dura 2 anni, un quarto di questo mandato è stato sequestrato dall’inerzia della Regione. Un segno di gravissima insensibilità daparte di quest’ultima nei confronti dell’esercizio democratico degli studenti universitari.
Oggi ben 4 consiglieri dell’Adsu dell’Aquila sono dimissionari, dei rimanenti 5, ben 3, Presidente compreso, sono “scaduti”.
Cosa aspetta la Regione ad esercitare il proprio potere di nomina del Presidente, di 4consiglieri e di ratifica delle elezioni studentesche di 6 mesi fa?
Certo non è possibile immaginare che questa prorogatio sia frutto di grandi successi!
Oggi, a ben 2031 giorni dal sisma, 2031!, la struttura polifunzionale di Coppito, che ospitava la mensa più grande della città, la sala studio più grande, l’unica sala ricreativa autogestita dagli studenti, un bar, una sala informatica, non solo è ancora scandalosamente “in rovina” a troneggiare al centro del polo di Coppito, come ad inchiodare l’ateneo e generazioni di studenti ad un perenne presente da terremotati, ma non è neanche dato sapere quando sarà finanziato un progetto esecutivo, quandosarà cantierato, quando si potrà uscire da mense e bar ancora nei container.
E questo scandalo di Coppito, di cui Adsu e Regione portano intera la responsabilità, èsolo la punta dell’iceberg.
Il polo su cui si è puntato per il “ritorno alla normalità e ritorno in centro” non è fornito di alcun servizio di ristorazione: nessuna struttura definitiva è ancora progettata e programmata nel centro storico. Vogliamo che l’Ateneo condivida con l’Adsu e la Regione uno spazio interno all’area dell’ex San Salvatore ancora da recuperare, peruna struttura di servizi agli studenti, mensa in primis.
Non ci interessano le promesse del Presidente dell’Adsu ai Salesiani, promesse chehanno provocato l’inerzia di questi anni. Ci interessa una scelta definitiva, pubblica edignitosa. E come se non bastasse, sulle mense aquilane c’è persino il rischio di unfortissimo ridimensionamento. Anche se il presidente dell’Adsu si esercita neltranquillizzare l’opinione pubblica, in realtà nell’ultimo CdA si è delineata l’idea che lemense aquilane possano somministrare solo il cosiddetto pasto ridotto, banalmente perridurre la base d’asta del prossimo capitolato d’appalto delle mense.
Noi abbiamo denunciato pubblicamente i rischi sulle mense e la non legittimazione diquesto CdA a deliberare a riguardo.
Abbiamo conferma che avevamo ragione. Lo diciamo qui e subito, che si cambi lagovernance dell’Adsu ora e che si ritiri la vergognosa delibera adottata.
Se non verrà fatto gli studenti a Novembre occuperanno tutte le mense. Lo diciamo in anticipo.
Il piano regionale prevede cose precise, ed il pasto alternativo è una opportunità per gli studenti, non uno strumento dell’Adsu per eliminare il pasto normale.
Lo stesso piano regionale, che andrebbe rinnovato ogni 3 anni, in questa Regione risale al lontano 2007, e l’organo addetto al suo rinnovo, ovvero la Conferenza Regione-Università, non viene convocato dalla Regione da anni. Quello è il luogo dove Regione, Comuni, Università e Studenti possono trovare la convergenza sul futuro del diritto allo studio.
Non accetteremo, lo diciamo chiaramente al Presidente D’Alfonso (Lolli/Sclocco), che sulle riforme sul Diritto allo Studio regionale a decidere siano i soli Rettori.
Ancora nessuna certezza esiste sul futuro della Residenza Campomizzi, a parte gli annunci.
Non è accettabile che su una questione così importante si vada avanti con comunicati stampa da parte dei politici, ma nel concreto si faccia poco e nulla. Ben venga la risoluzione approvata in consiglio regionale, anche se non si capisce con quale logica è la Regione stessa a chiedere “dieci anni” e non una cessione patrimoniale del bene.
Gli studenti tante volte hanno rivendicato meno caserme e più campus universitari, è arrivato il momento, visto che anche la politica si sta muovendo in questo verso, che la Campomizzi diventi una realtà concreta, definitiva e centrale della comunità universitaria e cittadina.
In ultimo, non certo per gravità, resta il problema dell’enorme sottofinanziamento dei fondi per il Diritto allo Studio, che non accade sono a livello nazionale, ma anche a livello regionale. In Abruzzo c’è ancora da recuperare il taglio di oltre il 40% del Fondo regionale avvenuto negli anni passati. E’ indispensabile, anche in ottica del nuovo bilancio regionale, che si investa sul diritto allo studio non solamente per i motivi che abbiamo già ribadito all’inizio, ma anche perché in un momento di crisi economica così grave sono essenziali alloggi e borse di studio per consentire l’accesso agli studi a
tutti.Tale situazione di precarietà e disattenzione, porta con sé ovvie conseguenze su tutto il sistema dei servizi.
A gravare sulle spalle degli studenti è arrivata da quest’anno anche la TASI, tassa che il Comune ha deciso di riversare per il 30% sulle spalle degli inquilini, dunque anche degli studenti fuorisede. Lo stesso regolamento comunale non affronta minimamente i problemi di fronte ai quali si sono trovati i ragazzi, dovuti ad incongruenze tecniche tra il tipo di contratto per studenti e le tempistiche previste dal regolamento ( pagare una tassa ad anno solare
con contratti stipulati ad anno accademico).
La totale assenza di una visione universitaria nella politica cittadina si evidenzia anche e soprattutto in questo; si potevano adottare innumerevoli formule e percentuali per il pagamento della tassa e invece si è scelta la più caotica e onerosa. Esemplare la scelta di città come Firenze, Torino e Genova, dove si è optato per esentare dal pagamento a tutti gli studenti regolarmente iscritti ad un corso di laurea.
Ci auspichiamo che si prendano provvedimenti prima della scadenza della seconda rata e che per il prossimo anno accademico la percentuale spettante agli universitari con regolare contratto di affitto sia pari a zero; questa semplice misura agevolerebbe gli studenti e potrebbe contrastare il mercato degli affitti in nero.
Tra i tanti diritti che in questa città vengono dimenticati c’è quello alla mobilità.
Spostarsi in un territorio così vasto e così caotico senza essere automuniti è impossibile!
Alle innumerevoli difficoltà territoriali si aggiungono i continui tagli e una carenza di dialogo fra azienda di mobilità e università. Per esempio, l’Ateneo ancora non comunica ufficialmente la sede dei corsi di ingegneria e probabilmente, come è accaduto in passato per la struttura di Roio, l’Ama e gli studenti si troveranno ad affrontare una situazione emergenziale alla quale sarà difficile porre rimedio senza un serio confronto fra Comune, Azienda e università.
Il contesto insomma, tra politiche di sottofinanziamento nazionale e di disattenzione regionale e locale, è un contesto di depauperamento e marginalizzazione dell’università e del diritto allo studio. Abbiamo detto all’inizio che auspichiamo che gli Atenei siano in grado anche di assumere scelte politiche che ribaltano la logica del disinvestimento. Invece le scelte dell’Ateneo sono state purtroppo coerenti con le politiche “restrittive” e
disincentivanti. Oggi siamo al 28 ottobre e in ottica di normalizzazione post-terremoto, le immatricolazioni e le iscrizioni ai vari corsi di laurea per questo anno accademico sono state anticipate e si dovrebbero chiudere il 31 ottobre. Ad oggi, quindi, a tre giorni dalla chiusura, è possibile avere un quadro chiaro per questo anno accademico.
Il numero di iscritti risulta ancora lontanissimo dal numero definitivo degli iscritti dell’anno scorso. Il dato “freddo” è decisamente allarmante. Saremmo infatti a meno del 50% degli iscritti dello scorso anno. Certo è possibile che tra le altre cause, incida anche questo anticipo della scadenza delle iscrizioni, ma se è così forse vale la pena ragionare su una proroga delle stesse. Ma se c’è un dato che è davvero preoccupante è quello delle immatricolazioni; infatti il dato attuale è già inferiore di oltre il 20% rispetto alle immatricolazioni nella stessa data del precedente anno, ed è difficile immaginarne una ripresa nelle prossime settimane proprio in considerazione del fatto che il periodo delle iscrizioni era distribuito su un tempo maggiore. Inoltre il grosso delle immatricolazioni “ritardatarie” lo scorso anno erano relative a corsi che oggi sono a numero chiuso e sui quali quindi le immatricolazioni sono sostanzialmente chiuse. Stiamo andando, in sostanza, verso un -30% di immatricolati.
Avevamo allertato sui rischi che tasse e numero chiuso potessero provocare un crollo di immatricolati. Tutti i dati ci hanno dato drammaticamente ragione: crollo di domande per posti letto alla Campomizzi da parte di matricole, crollo di domande di borse di studio da parte di studenti matricole, persino non riempimento dei numeri programmati fissati. E basta un occhio attento sul mercato degli affitti per capire che questo crollo di
immatricolazioni non è una invenzione di noi studenti.
Negli ultimi anni si è fatto riferimento spessissimo al documento Ocse. Nello stesso si spiega come l’Università dovrà avere un ruolo centrale nella ripresa del territorio; ciò di cui spesso ci si dimentica è che, secondo il rapporto, questo avverrà soltanto con un numero di iscritti tendente a 30.000, di cui 20.000 domiciliati sul territorio. Le scelte della governance universitaria di questo ultimo anno su tassazione e numero chiuso, si muovono in una direzione estremamente diversa.
Sarebbe stato opportuno avviare una trattativa con il Ministero in tempi utili, tale da garantire la copertura parziale dell’importo delle tasse, in maniera tale da permettere una reintroduzione graduale e in qualche modo connessa al progredire della ricostruzione della città, ovvero alla gradualità con cui si superano realmente i forti disagi per gli studenti che scelgono L’Aquila.
Si sarebbe dovuto avere l’accortezza e la lungimiranza di programmare delle serie politiche, ragionando a lungo termine e dialogando con la città, con il Comune, con la Regione, con l’ADSU e con tutti gli enti interessati dalla questione studentesca, ragionando sempre su quale sarebbe dovuto essere l’esito migliore per il territorio.
Ci si dice spesso che “il numero degli studenti” non è importante. Noi siamo convinti da sempre che contano sia la qualità che la quantità. Che conti eccome aumentare la platea degli studenti universitari. E’ un fatto democratico, che migliora la qualità della vita delle persone che studiano, del territorio e dell’intero Paese. Abbiamo nominato gli obiettivi di Horizon 2020 sul tasso di cittadini laureati e quelli del documento Ocse.
Quegli obiettivi si raggiungono se le persone hanno la possibilità di iscriversi e frequentare l’Università.
Lo Statuto dell’Università dell’Aquila afferma che l’Ateneo ha tra i suoi scopi quello di rimuovere ogni ostacolo all’accesso e al successo formativo.
Accesso e successo, non uno contro l’altro. Il motto dell’Università dell’Aquila, “RENOVABITUR UT AQUILAE JUVENTUS TUA” impegna l’Ateneo a fungere da “rinnovatore” della gioventù cittadina. Siamo andati quest’anno in direzione opposta.
Si è scelto di perseguire ciecamente una strada che evidentemente è risultata sbagliata; per di più, come da abitudine presa da questa amministrazione negli ultimi tempi, queste discussioni si sono avviate soltanto in prossimità della data di scadenza.
Tasse, numero chiuso, regolamento per l’iscrizione part-time, sono solo alcuni dei temi nevralgici per gli studenti che l’Ateneo ha deliberatamente deciso di rimandare fino all’ultimo giorno utile per assumere le delibere, lasciando quindi gli studenti in un continuo stato di precarietà. Precarietà che in questo momento permane su temi altrettanto importanti come la dislocazione dei corsi di ingegneria per il secondo semestre o come l’esonero parziale delle tasse per reddito e merito per gli studenti iscritti alle seconde lauree, esonero che il regolamento approvato non esclude e che invece l’Ateneo vuole escludere costringendo migliaia di studenti al pagamento della altissima retta massima.
Questa condizione è dovuta ad una mancanza persistente, e volutamente non superata, di comunicazione e di raccordo tra gli organismi e gli uffici amministrativi. Difetto che si aggiunge alle inefficienze che si generano per l’attuale organizzazione dipartimentale.
In questo campo siamo stanchi delle false promesse di futura costituzione delle scuole: ad oggi l’unico dato certo è che ogni discussione sulla loro creazione è morta dopo poco e sembrerebbe quasi che l’Ateneo abbia abortito qualsiasi idea riguardante la loro istituzione.
A questo punto lo diciamo chiaramente: se non c’è volontà di costituire le scuole e con esse di superare, sull’organizzazione didattica, le distanze che ci sono tra i dipartimenti l’unica soluzione per superare le tante criticità che esistono sull’organizzazione didattica, l’offerta formativa e l’orientamento è una revisione profonda dell’attuale organizzazione dipartimentale dell’Ateneo che ha mostrato enormi limiti, contraddizioni, ridondanze e generato grandi conflitti interni.
Per quel che riguarda la parte amministrativa è necessario un maggior coinvolgimento delle diffuse strutture amministrative superando la estrema verticalizzazione e centralizzazione amministrativa che sta producendo solo molta inerzia e diffusa confusione.
In questo discorso ho affrontato molti temi delicati e cari a noi studenti che riguardano il nostro Ateneo e che saranno oggetto di approfondimento nelle sedi opportune, voglio solo concludere dicendo che non è tardi e ancora oggi abbiamo una buona opportunità: rivolgere uno sguardo al passato e capire dove possiamo arrivare domani, lasciando perdere gli erranti per focalizzarci sugli errori. Io credo che laddove ci sono individui dialoganti e vige il buonsenso, le soluzioni si trovano.
A voi studenti: è importante che ognuno si senta parte di un sistema e non sia semplice fruitore dei servizi offerti. Da questo, quindi, parte lo sforzo per promuovere un cambiamento che è (e rimane) un processo non un evento.
In conclusione rivolgo i più sentiti auguri di buon anno accademico a tutti voi”
il Presidente del Consiglio Studentesco Arianna Fiorenza