TORNIMPARTE (AQ): – Nel 1999 le comunità delle frazioni di Forcelle e Colle Marino di Tornimparte spinte dal desiderio di creare un punto di aggregazione sociale diedero vita all’ Associazione Culturale “Santo Stefano” che oltre all’intendo sociale e a far conoscere lo splendido territorio tornimpartese avesse a cuore la riscoperta e la diffusione delle sue vecchie tradizioni.
L’Associazione prende il nome dall’antica Chiesa di Santo Stefano che, appena fuori dall’abitato delle due frazioni, dall’alto della sua rocca domina con maestosità l’incantevole vallata. La chiesa, danneggiata dai vari sismi succedutesi nei secoli, ricostruita più volte, ritrae tutta la bellezza di un’architettura risalente alla prima metà del XII secolo.
C’era una volta il contadino…
La Festa del contadino, organizzata dall’Associazione quest’anno nella sua prima edizione, vuole essere un tuffo nel nostro passato, un momento di aggregazione e divertimento alla scoperta di una cultura in estinzione.
Evocare gli stili di vita ed i valori di un tempo come occasione per stimolare un confronto significativo con il mondo in cui viviamo.
Ma chi era il contadino?
Sin da quando l’uomo primitivo non visse più da nomade ma si fermò in un posto per trascorrere lì la sua vita e la caccia non fu più sufficiente ad assicurargli il cibo, sentì la necessità di coltivare la terra. A questo uomo fu dato il nome di “contadino” cioè colui che coltiva la terra; il suo mestiere si può dire il più antico del mondo.
Come tutti i mestieri, nel corso della storia ha subito profonde trasformazioni tant’è che oggi possiamo parlare di ricordi di Civiltà Contadina.
Dai racconti degli anziani, dall’osservazione degli attrezzi di lavoro adoperati, dalle vecchie foto si ha la testimonianza di quanto difficile e dura sia stata la loro esistenza; dalle vecchie immagini di gente al lavoro nei campi traspare la fatica, il sudore di una vita difficile e allo stesso tempo semplice e piena di valori; genti rispettose della terra, della natura e degli animali unica fonte di sostentamento per intere famiglie, comunità che lavoravano riunendosi ed aiutandosi reciprocamente, che sapevano ritrovarsi in allegri canti e festose “saltarelle” nei pochi momenti di pausa dal duro lavoro.
Il lavoro del contadino non si esauriva mai; iniziava in autunno con l’aratura e la semina dei campi .
L’aratura veniva fatta con i muli o le mucche a cui si metteva il giogo e si attaccava l’aratro, seguiva la semina fatta a mano.
A primavera cominciava la fienagione, c’era poi la trebbiatura, la vendemmia, la raccolta del granturco, delle olive, della frutta, delle verdure, delle noci, etc. Il lavoro intorno agli animali con la mungitura, il formaggio, l’alpeggio, la transumanza, e poi, l’arrivo dell’inverno che vedeva la comunità riunita intorno al fuoco del camino immersa nei racconti degli anziani, incanto per i bambini, e nei canti dei giovani che seguivano le tradizioni del corteggiamento alle ragazze intende a ricamare “il corredo”.
Durante la nostra festa vi sarà la rievocazione della fienagione e la preparazione del formaggio con l’assaggio “deju surgittu” (un piccolo pezzettino di formaggio appena cagliato a cui si dava la forma di un topolino e si offriva ai bambini), oltre alla mostra di immagini di vecchia vita contadina.
La fienagione:
in autunno avveniva la concimazione dei prati con il letame che con i forconi veniva rimosso dalle stalle, caricato sui carri, sparso grossolanamente sul terreno e lasciato sotto la neve durante l’inverno.
I lavori della fienagione si dividevano in due momenti: il taglio dell’erba e l’essiccazione/conservazione.
Il taglio fatto dagli uomini avveniva con la falce a mano mentre le donne avevano il compito di rastrellare con i rastrelli di legno. La mattina il contadino batteva la lama della falce con incudine e martello fino ad ottenerne la giusta filatura, poi si legava alla cintura la “cote” (pietra di ghisa) e il porta cote con l’acqua (era di legno oppure ricavato dal corno di bue) che serviva a rifilare la lama durante l’uso. L’erba veniva tagliata la mattina presto in modo che si asciugasse al sole durante la giornata, con i forconi veniva sparpagliata e più volte rigirata. Dopo 2 o 3 giorni veniva rastrellata ed ammucchiata, i mucchi di fieno venivano coperti durante la notte con grandi lenzuoloni (“lenzolacchj”) per riparali da eventuali piogge o dall’umidità notturna, poi, quando aveva raggiunto l’essiccatura giusta veniva trasportata, con i carri trainati da muli , nei fienili e diventava foraggio invernale per gli animali.
Con gli anni la fienagione ha subito la modernizzazione delle attrezzature, i contadini ora si servono dei trattori a cui agganciano la barra falciante per falciare, il ranghinatore per rastrellare e riunire l’erba in andane (“anduni”) e l’imballatrice (“pressa”) per fare balle di fieno già legate o la roto imballatrice (“rotopressa”) per i rotoloni di fieno; le balle o i rotoli con l’aiuto delle forche meccaniche vengono caricate e portate nei fienili, dai fienili, attraverso nastri trasportatori il fieno giunge agli animali nelle stalle.
L’essiccazione spontanea sul terreno è strettamente dipendente dalle condizioni climatiche per questo, è sempre più diffusa l’essiccazione artificiale del foraggio (sfuso o imballato) che viene effettuata direttamente nel fienile attraverso correnti d’aria generate dai ventilatori.
La fienagione viene ripetuta più volte durante l’anno , il 1° taglio (il più pregiato) si fa a maggio (maggeno), poi il 2° ad agosto (agostano), poi c’è il 3° o terzuolo e, in alcune zone con clima più mite anche il 4° o quartiolo.
Ma il contadino oggi è scomparso?
Sicuramente oggi tutto è cambiato, la nostra economia non è più prevalentemente agricola ma anche industriale, commerciale e turistica. Il modo di coltivare la terra è cambiato; da un’agricoltura arcaica ed estensiva si è passati ad una agricoltura meccanizzata ed intensiva; si va verso un’agricoltura in serra dove pochi metri quadri danno quantità di prodotti che prima erano dati da enormi estensioni di terreno.
I contadini di oggi assumono nomi diversi “olivicoltori, agronomi, viticoltori, ortolani, frutticoltori, operatori agricoli etc.” hanno acquisito una cultura tecnologica e specifica; ma, anche se non lavorano più con le mani ma con mezzi meccanici ed elettronici sono pur sempre lavoratori della terra ed eredi dei contadini di un tempo.