
SAN DEMETRIO NE’ VESTINI (AQ): – La Pro Loco di San Demetrio opera in vari ambiti d’intervento ed organizza eventi per rievocare tradizioni locali, attraverso uno studio accurato su fonti scritte, orali e materiali, fa rivivere le tradizioni del nostro territorio in eventi sociali che coinvolgono un pubblico, di tutte le età, affinché i giovani possano conoscere le radici autentiche della loro identità culturale e le persone in età più avanzata possano rivivere momenti piacevoli del passato.
In occasione del Carnevale, è stata ricostruita la tradizione locale del funerale di Carnevale: nei primi anni del 1900, si faceva il funerale a un fantoccio di abiti e paglia, poi riutilizzato come spaventapasseri, portato in allegro corteo funebre, su una civera o su una scala a pioli in legno, con festose maschere al seguito.Negli anni ’40, sulla civera il “morto” Carnevale era una persona che, durante il tragitto, mangiava tagliatelle al sugo in un vaso da notte.
Nel corteo potevano esserci varie maschere, immancabili il prete e la moglie del morto, si procedeva al suono di tamburi ed allegro accompagnamento musicale, girando tutto il paese e le vicine frazioni.
Alcuni indossavano una maschera di pelle di coniglio, fatta essiccare mesi prima, con paglia all’interno.
Il fantoccio che verrà portato in corteo il 2 marzo prossimo è stato realizzato per l’occasione dai coniugi Agnese Ciccone, nata nel 1930, e Domenico Liberatore, nato nel 1927, con la stessa procedura utilizzata negli anni ’30, quando erano bambini e partecipavano al tradizionale funerale di Carnevale a Cardamone, una delle sette ville di San Demetrio.
Negli anni ’70, con Padre Pasquale, si realizzavano carri allegorici su trattori, che sfilavano per tutto il paese.
Alcune famiglie locali mantenevano la tradizione del funerale di Carnevale, limitatamente alla zona ristretta della loro villa, la fam. Santoro – Turco, ad esempio, ha mantenuta viva la tradizione fino agli anni ’80 ed ha fornito una bellissima foto d’epoca di un Carnevale della fine anni ’50.
Il Carnevale rovescia i ruoli, fa emergere il forte desiderio dell’uomo di cambiare la realtà, ha una funzione catartica, illumina i coni d’ombra interiori più bui, legalizza l’illegalità, neutralizza energie potenzialmente sovversive ….. forse per questo sopravvive a tutte le epoche!
Vi aspettiamo il 2 marzo alle ore 15 a San Demetrio, in piazza Garibaldi, per l’evento “Grande festa di Re Carnevale”, organizzata dalla Pro Loco, con il patrocinio del Comune di San Demetrio, della Libertas, della Confcommercio dell’Aquila e in collaborazione con Radio L’Aquila1.
Ci si potrà iscrivere al concorso come gruppi o singoli entro il 28 Febbraio 2014. Info 3487306806
La Pro Loco di San Demetrio N. V. ripropone oggi il funerale di Carnevale, dopo aver fatto ricerche ed uno studio accurato su fonti scritte, orali e materiali. Il Direttivo Pro Loco ha elaborato ed organizzato una riproposizione delle tradizioni, con il coinvolgimento di più figure a diversi livelli operativi e, in ultima istanza, ha realizzato l’ evento di oggi che coinvolge un vasto pubblico, di tutte le età, affinché i giovani possano conoscere, attraverso le tradizioni, le radici autentiche della loro identità culturale e, allo stesso tempo, le persone in età più avanzata possano rivivere momenti piacevoli del loro passato.
Nei pannelli esposti potete vedere una parte delle ricerche effettuate, vi invitiamo ad osservarli con attenzione ed ad ammirare le foto, gentilmente fornite dalle famiglie di San Demetrio, che la Pro Loco ringrazia. Si ringraziano anche tutti i collaboratori che hanno reso possibile la festa odierna.
A San Demetrio N. V., nei primi anni del 1900, c’era la tradizione di fare il funerale a Carnevale: un fantoccio di abiti e paglia, poi riutilizzato come spaventapasseri, veniva portato in allegro corteo funebre, su una civera o su una scala a pioli in legno, con festose maschere al seguito. Il fantoccio che oggi viene portato in corteo è stato realizzato dai coniugi Agnese Ciccone, nata nel 1930, e Domenico Liberatore, nato nel 1927, con la stessa procedura utilizzata negli anni ’30, quando loro erano bambini e partecipavano al tradizionale funerale di Carnevale a Cardamone, una delle sette ville di San Demetrio, allora il fantoccio veniva trasportato su una scala in legno oppure sulla civera, portantina in vimini utilizzata per il trasporto del letame.
Si recitava così:
Carnaval accap allu foc
diss alla mogl : rattm poc
n’ nd’ pozz più rattà
Carnaval mo s’ n’ và
Negli anni ’40, sulla civera il “morto” Carnevale era una persona che, durante il tragitto, mangiava tagliatelle al sugo in un vaso da notte.
Nel corteo potevano esserci varie maschere, immancabili il prete e la moglie del morto, si procedeva al suono di tamburi ed allegro accompagnamento musicale, girando tutto il paese e le vicine frazioni.
Alcuni indossavano una maschera di pelle di coniglio, fatta essiccare mesi prima, con paglia all’interno.
Negli anni ’70, con Padre Pasquale, si realizzavano carri allegorici su trattori, che sfilavano per tutto il paese.
Alcune famiglie locali mantenevano la tradizione del funerale di Carnevale, limitatamente alla zona ristretta della loro villa, la fam. Turco, ad esempio ha mantenuta viva la tradizione fino agli anni ’80 ed ha fornito una bellissima fotografia di un Carnevale della fine anni ’50, visibile tra le foto in mostra.
IL RE CARNEVALE
La fantasia popolare rappresenta Carnevale con un uomo oppure un fantoccio, chiamato Re Carnevale da rex Saturnalium( re dei Saturnali), si può trovare anche rappresentato come il “vescovo dei pazzi” nel basso clero medievale, anche lui può ordinare festeggiamenti, balli, cori, cortei e scherzi. Talvolta si arriva a tali sregolatezze, che deve intervenire la magistratura, nel 1787 il Carnevale di Tagliacozzo viene represso dalla magistratura del Regno di Napoli.
Il Signore del Carnevale diviene il padrone indiscusso, con soldati armati al seguito, tutto è permesso, al termine della festa a Carnevale, capro espiatorio, viene attribuita tutta la responsabilità dei disordini, perciò viene giudicato, condannato a morte e bruciato in piazza: “la condanna è una vera e propria espiazione delle colpe”.
I coriandoli hanno la funzione propiziatoria di procurare abbondanza, così pure le arance lanciate nel famoso Carnevale di Ivrea.
Nel Calendario liturgico il Carnevale va dall’Epifania al Mercoledì delle Ceneri; tempo di licenziosità senza limiti, prima della Quaresima, non esisterebbe se non esistesse la Quaresima, etimologicamente “Carnem levare” (Togliere la carne); “Carni vale!” (Addio carne!), il tempo sacro quaresimale scacciava il tempo profano.
Nei Sermoni di San Massimo da Torino del V sec. così leggiamo: “ … muore il disordine … viene l’ordine …viene ucciso l’empio affinché rinasca il misericordioso…” (Sermone XXXV).
Nell’antico calendario romano di 10 mesi, Febbraio era l’ultimo mese dell’anno, pertanto Carnevale era caratterizzato da riti di purificazione dell’anno vecchio e di propiziazione dell’anno nuovo.
Nel Carnevale medievale confluiscono le Calende di gennaio, in cui c’erano anche sfilate di maschere, ed i Saturnalia di Dicembre, che vedevano l’abolizione delle gerarchie sociali e delle magistrature civili.
Dalla fusione di tanti riti arcaici, unificati dal “capo d’anno”, deriva il paradosso del mondo rovesciato rispetto alla consuetudine, che si esprime nelle caratteristiche di tale festa: abolizione dei ruoli sociali, servo-padrone, povero- ricco; travestimento, maschio-femmina, vecchio- bambino;maschere allusive alla morte, invenzione di carri.
Una riflessione fa emergere che il Carnevale nel mondo attuale si è svuotato dei significati originali, perché “ il disordine ha fatto irruzione nell’intero corso dell’esistenza e si è a tal punto generalizzato da far sì che noi viviamo in un Carnavale perpetuo”, come sostiene René Guénon.
La leggenda narra che Re Carnevale, forte e potente, viveva in un palazzo con le porte sempre aperte, chiunque poteva entrare e saziarsi a volontà. I sudditi approfittarono del suo buon cuore e si presero tanta confidenza, da costringere il povero re a non uscire più dal suo palazzo per non essere insultato. Si ritirò in cucina, nascosto, mangiando e bevendo in continuazione. Un giorno, sabato, cominciò a sentirsi male.
Grasso come un pallone, il volto paonazzo, il ventre gonfio, capì che stava per morire. Non voleva andarsene solo, abbandonato da tutti. Si ricordò allora di avere una sorella: Quaresima. La mandò a chiamare, lei accorse, gli promise di assisterlo e farlo vivere altri tre giorni: domenica, lunedì e martedì, in cambio pretese l’eredità del regno.
Re Carnevale accettò, passò gli ultimi tre giorni della sua vita divertendosi il più possibile. Morì la sera del martedì e sul trono salì Quaresima, prese in mano le redini del regno e governò il popolo con leggi dure e severe, ma in fondo benefiche.
CARNEVALE NELLA TRADIZIONE viene festeggiato con tante diverse rappresentazioni:
– Rappresentazione dei mesi dell’anno, dodici figuranti personificano i mesi in circolo, l’anello del tempo ciclico, introdotti dal padre di tutti, l’anno, ognuno recita versi in musica.
– Il ballo delle quattro stagioni, tra le quali Carnevale sceglie in sposa l’Inverno che promette salsicce, arrosto e maccheroni. Nel corteo, le maschere delle quattro stagioni sono state rappresentate, accompagnate dal re della festa.
Il ballo preferito è la saltarella.
All’antichità risale anche la consuetudine di proporre indovinelli, raccolti già da Symphosius Scholasticus in un’antologia latina, con la finalità di non restare senza parole durante i banchetti dei Saturnalia, quando era il momento dei giochi. Gli indovinelli hanno la caratteristica di apparire arguti, scurrili, con doppi sensi equivoci, giochi di metafore, fino al momento della soluzione, quando si rivela l’innocenza della parola da indovinare.
La Pro Loco ha realizzato anche la QUARESIMA; il pupazzo che potete ammirare appeso, con la relativa spiegazione nei pannelli in mostra, anch’essa fa rivivere una tradizione: in molti paesi del centro-sud dell’Italia, il giorno di Carnevale s’usa tendere una corda, in mezzo vi penzola la Quaresima, una pupa di stoffa e pezze, con sette piume attorno, con la conocchia e il fuso in mano: di qua e di là, lungo la corda, sono legati una saracca, una sarda, un pezzo di baccalà, un aglio, una cipolla, un carbone, un peperoncino rosso: simboli, tutti, del magro della Quaresima, come spiegato anche dall’antropologo De Nino.