L’AQUILA: – “Il sacro resto, pur non essendo nella sua totalita’, e’ comunque ricostruibile, e questo rappresenta una grande gioia per il mondo cristiano. La reliquia e’ infatti composta da una teca, da un supporto, da un drappeggio rosso e da frammenti rossi e bianchi, di cui e’ presente ancora una buona parte. Mancano solo alcune particelle che erano legate a due fili d’oro, e che evidentemente sono andate perse nella rottura del vetro che le proteggeva”. Lo ha annunciato il vescovo vicario dell’Aquila monsignor Giovanni D’Ercole nel corso della conferenza stampa, in questura, dove e’ stato annunciato il rinvenimento di parte della reliquia di Papa Giovanni Paolo II trafugata presso il santuario di San Pietro della Ienca, alle falde del Gran Sasso. Il questore Vittorio Rizzi ha parlato di “un risultato investigativo importante e rapido che e’ la conferma della sintonia operativa che sussiste in citta’ tra ma magistratura tutte e le forze di polizia. Tale esito – ha aggiunto – e’ anche un segnale alla citta’ dell’attenzione che la polizia di Stato e l’Arma dei carabinieri hanno verso i reati contro il patrimonio. In questo caso, l’atto criminoso era anche un sacrilegio. E se l’azione congiunta ha portato ad una cosi’ brillante soluzione lo si deve anche al fatto che i riflettori sono sempre accesi su questo tipo di reati”. Presente anche il sostituto procuratore David Mancini, titolare dell’inchiesta, “soddisfatto” per l’esito delle indagini, condotte in grande sinergia tra la polizia e carabinieri, “perche’ hanno fatto luce su un reato che ha colpito il sentimento piu’ intimo dei cittadini, cosi’ legati alla memoria di papa Wojtyla. Questo stato d’animo ha fatto si’ che il lavoro fosse ancora piu’ serrato e che portasse presto i suoi frutti. E’ comunque la dimostrazione – ha aggounto il pm – della grande attenzione verso il territorio che ha consentito di arrivare presto ai 3 giovani che si sono resi responsabili del furto, pensando di avere a che fare con un oggetto di grande valore economico, senza sapere che il pregio era sostanzialmente quello religioso. Quando si sono resi conto che il contenuto della teca non era oro e quindi non sarebbe stato smerciabile, se ne sono disfatti seppellondola insieme al crocefisso nella campagne adiacenti alla Basilica di Collemaggio. L’interesse di ragazzi era verosimilmente il filo d’oro nascosto oltre il vetro. L’angioletto dorato e’ stato invece ritrovato nella perquisizione condotta a casa di uno dei tre giovani. La reliquia, d’ora in poi, non perdera’ valore, ma anzi portera’ con se’ quello aggiunto dello sforzo compiuto dalle istituzioni per restituirla alla comunita’ aquilana”.