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Diana tradita ancora una volta?

Pubblicato da Redazione
mercoledì, 16 Ottobre 2013 - 10:50
in Cronaca

L’AQUILA: – di Carlo Di Stanislao – Nel 1995 Hasnat Khan era un cardiochirurgo del Royal Brompton Hospital che lavorava 90 ore alla settimana e tornava nel suo monolocale di Chelsea solo per lavarsi, dormire e cambiarsi d’abito. Non era ricco, non era famoso. Non era nemmeno così bello: come hanno scritto i giornali inglesi, era il tipo d’uomo che persino Bridget Jones avrebbe evitato, se lo avesse incontrato ad un party. Nessuno sa per quale ragione Diana abbia perso la testa per lui, ma Khan è stato molto bravo a non smarrire la sua. Ha pensato che c’era qualcosa di strano se una principessa si innamorava di una persona così normale, se andava di nascosto a rassettargli l’appartamento o faceva finta di amare il jazz solo perché piaceva a lui, se trovava improvvisamente divertente fare la coda davanti ai locali, o parlare di calcio con chi ti serve la birra al pub. D’accordo, tutte le ragazzine innamorate fanno cose del genere, ma Diana non era più una ragazzina. O forse sì, deve avere pensato Hasnat Khan: era ancora capricciosa, complicata, immatura, infastidita ma nello stesso tempo attratta dalla notorietà e dai privilegi. All’orizzonte della loro storia c’erano più guai che felicità, e niente di buono per un medico che amava il suo lavoro e voleva solo vivere una vita tranquilla.
Questo l’assunto narrativo di “Diana”,con Naomi Watts nel ruolo della principessa più amata del mondo moderno, nella sale dal 3 ottobre, paradigma eccellente di un modo triste ed elegante di procedere nella vita, come in una tragedia dai risvolti amari ed infiniti, con un nuovo ‘giallo’ aggiuntosi  di recente ed un  fantomatico militare che accusa le forze speciali britanniche Sas di aver organizzato l’incidente di Parigi, con Lady d  assissimnata perché incinta.
Il film, comunque, non parla di questo, ma si concentra, come visto,  sugli ultimi anni di vita di Diana e soprattutto sulla storia d’amore tra lei  Hasnat Khan, il cardiochirurgo di origine pakistana che molti ritengono sia stato il suo vero grande amore.
Diretto da Oliver Hirschbiegel, non si tratta certo di un capoplavoro, ma pure consente di conoscere una donna  finalmente innamorata di un uomo semplice e vero che non rinuncia alla sua identità di medico per amarla.
Basato sul libro di Kate Snell “Diana: Her Last Love”, in più punti il film è stonato e noiso, con uno script che vuole anche tessere un poco credibile parallelismo tra il vero amore finalmente vissuto da Diana con Hasnat e il suo impegno in campo umanitario, come se la felicità personale le abbia poi consentito di darsi agli altri, ma non è tutto da buttare.
Certo dal tedesco Oliver Hirschbiegel, abile e interessante ne “La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler” (2004), mi aspettavo di più, ma debbo riconoscere che si adatta bene ai gusti del publico medio che affolla le sale con crescente entusiasmo, anche se fallisce quando cerca di darsi un tono, cercando di criticare il clima mediatico  che ha trasformato il suo matrimonio e il suo funerale in eventi mediatici senza precedenti.
I ritagli di cronaca vera, i viaggi in Bosnia o a Rimini, ci consegnano una Diana amorevole e amata che quasi sfiora la santità, a un passo dal compiere miracoli, sono il punto di forza del film in cui Hirschbiegel non riesce a far convivere in una stessa persona, con armonia, la donna umana innamorata e fragile e la donna quasi toccata da divine lingue di fuoco. 
Anche se la Watts ce la mette tutta, indossando con apperopriata eleganza i panni della principessa, non ne ricalga lo sguardo, quegli occhi  da cerbiatto determinato e fragile che hanno conquistato il mondo intero.
La stampa statunitensa  ed inglese unanimente ha parlato di “ulterioore tradimento di Diana”, ma in fondo non è proprio così e sebbene il film sia banale, non può dirsi del tutto non riuscito.
A guardare le cronache, la grande storia d’amore che racconta il film è generosamente esagerata, sdolcinata e a tratti insopportabile e soprattuto finchè tutti stanno zitti funziona, ma ogni volta che si mettono a parlare ci si augura che la vera Diana e il vero Hasnat fossero un po’ meno banali, quando si incontravano di nascosto a Kensington Palace.
Ma forse è questo che il pubblico cerca: una favola semplice, banale, esagerata e sognante.
Preoccupati dall’accoglienza al vetriolo ricevuta in America e Gran Bretagna, Naomi Watts, il regista Oliver Hirschbiegel e Naveen Andrews, che interpreta Hasnat Khan, hanno detto che il film ha cercato in tutti i modi di essere rispettoso della memoria di Diana.
Tuttavia, con Vittorio Sabatin de la Stampa, pensiamo che forse poteva o essere più accoro o più profondo e complesso, oppure del tuto disatteso.
Speriamo che l’altro film in progress su Diana, che dovrebbe chiamarsi “Diana: Closely Guarded Secret” e  ripercorrere i momenti salienti della vita della sfortunata principessa, prima del divorzio, per cui è stata opzionata Charlize Theron, con Evan McGregorche  che potrebbe interpretare il ruolo del bodyguard Wharfe, venga meglio e non sia una ennessima impresa cinematografica fatta solo di ciarpame e di kitch che uccidono l’attitudine di Diana per lo stile e l’eleganza.

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