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Quagliariello: “legge elettorale limita scelta cittadini, farò politica fuori dal Parlamento”

Intervista al Senatore uscente che ha detto no a candidatura paracadutata in collegio diverso da Abruzzo. “Noi moderati dobbiamo avere schiena dritta, dare esempio di coerenza e serietà per rifondare il Centro”. “Verrò a L’Aquila a illustrare quello che ho fatto per il territorio”

Pubblicato da Redazione
lunedì, 22 Agosto 2022 - 19:37
in Attualità, Politica, Varie

L’AQUILA – “Il grande difetto di questa legge elettorale è che da una parte nei territori si mandano candidati che dovrebbero rappresentare i cittadini, dall’altra non si dà ai cittadini la possibilità di votarli. Non voglio dire che sia una truffa, ma di certo si limita di molto il potere di scelta dei cittadini”.

Dopo il “gran rifiuto” a candidarsi, il senatore ed ex ministro Gaetano Quagliariello, coordinatore nazionale di Italia al centro, eletto nel 2018 nel collegio uninominale L’Aquila-Teramo, boccia senza appello la legge elettorale Rosatellum, che non prevede le preferenze, e che di fatto porta alla nomina dei parlamentari, piazzati nelle postazioni vincenti dalle segreterie dei partiti, e non scelti dai cittadini elettori.

Il parlamentare, che ha militato in Forza Italia ed ed è stato ministro per le Riforme costituzionali nel governo di Enrico Letta, ha ringraziato il presidente de suo partito Giovanni Toti per l’offerta di un collegio uninominale della coalizione centrista di Noi moderati, in Campania,  pressochè blindato. Ma ha spiegato che il collegio si trova in un’area geografica diversa da quella della quale si occupa da molti anni, ovvero L’Aquila e l’Abruzzo, e si trova in una zona in cui altri esponenti del partito hanno un maggior radicamento e una più significativa presenza. Da qui la decisione di fare un passo indietro.

“La politica si può fare il tanti modi – spiega ora ad Abruzzoweb -, anche fuori dal Parlamento e soprattutto se tu sei un moderato, uno di quelli che viene definito un centrista, devi cercare di avere la schiena dritta, perché altrimenti vieni percepito come un mollaccione, e anche come un’intrallazzatore. Noi moderati non possiamo essere un residuo di quelli della Prima Repubblica. Non può esserci il consumo progressivo di quello che ricordo essere stata un’area politica che ha fatto l’Italia. I moderati si devono rifondare, e si rifondano anche attraverso atteggiamenti esemplari, oppure non conteranno niente, e io non faccio politica per avere un posto in parlamento per non contare niente”.

Ma questo, sottolinea Quagliarello, non significa una presa di distanza dalla scelta di Italia al centro, di cui rimarrà coordinatore, di allearsi con il centrodestra, costituendo la coalizione di Noi Moderati.

“Ho condiviso questa scelta per come sono andate le cose, perché non c’erano alternative. Nel senso che la forza di centro costituita da Carlo Calenda in realtà è una proposta di centro sinistra. Per il momento noi siamo in una destra-centro, ma per intenderci c’è stata una certa disponibilità a comprendere la necessità di un’area moderata liberale, e senza chiederci abiure. Noi abbiamo votato per il governo di Mario Draghi e rivendichiamo con orgoglio questa scelta. Ripeto, il motivo della mia rinuncia è legato al costume politico, ho detto no ad un collegio in Campania, dove ci sono le mie origini, ma io quel territorio non lo conosco e credo invece di aver lavorato bene per l’Abruzzo e per la città dell’Aquila, dove verrò a fare campagna elettorale, e dove presenterò un report completo delle cose che ho fatto in Parlamento a beneficio del territorio. Ora però ritengo che sia meglio lavorare politicamente da fuori, piuttosto che essere paracadutato in un posto dove tu non conosci il luogo, e luogo conosce poco te”.

Venendo dunque alla legge elettorale.

“Le legge elettorali, – esordisce l’accademico -, sono sempre strumenti empirici, approssimativi, che servono a convertire i voti in seggi, non esiste la legge elettorale perfetta. Io credo però che questa legge elettorale abbia un grande difetto: tiene insieme due logiche che sono diverse, quella del proporzionale e quella del maggioritario, che convivono con grande difficoltà.  Il grande difetto di questa legge è quello che da una parte nei territori si mandano alcuni che dovrebbero rappresentare i cittadini, dall’altra non si dà al cittadino la possibilità di votarli.  Il voto al partito si trasferisce automaticamente ai candidati, e questo limita di molto il potere di scelta. In astratto io preferirei una legge elettorale come quelle dell’Inghilterra in Francia, di tipo maggioritario, un semipresidenzialismo, con il doppio turno e le preferenze”.

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