L’AQUILA – di Paola Retta – “Un uomo senza lavoro è un uomo umiliato”. Così diceva Enzo Biagi, giornalista, scrittore e conduttore televisivo, facendo il paio con il famoso proverbio “Il lavoro nobilita l’uomo”, attribuito a Charles Darwin, naturalista inglese a cui si deve la teoria dell’evoluzione. Si è soliti dire che esiste una scala di valori nel giudicare un lavoro, in base a livello di retribuzione, autonomia, ruolo all’interno dell’organigramma aziendale, requisiti di studio, tipo di contratto, mansione. Secondo alcuni, bastano anche solo alcuni di questi requisiti per sentirsi “nobili” o superiori ad altre persone. In realtà non è così: non è il tipo di lavoro o la paga o il tempo speso a faticare, ma è il lavoro stesso, a prescindere dalle sue caratteristiche, a garantire la nobiltà. Ogni lavoro, qualsiasi mansione o retribuzione includa, è capace di rendere l’uomo nobile, perché ognuno di noi nella società fa parte di un ingranaggio che può contribuire al benessere di ciascun membro della collettività.
Eppure, a volte, al contrario, avvilisce, turba, mette in pericolo la salute fisica e psicosociale del lavoratore. Nonostante sia in vigore il D. Lgs 81/08, testo unico sulla sicurezza sul lavoro, che fornisce una serie di norme ed obblighi atti a rendere sicuro e possibilmente gradevole il luogo in cui passiamo la maggior parte del nostro tempo, molto spesso si parla di “mobbing”.
L’European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions (Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro) considera il contesto lavorativo mobbizzante quando è caratterizzato da abuso psicologico sistematico e/o da umiliazione di una persona da parte di un individuo o di un gruppo, con l’obiettivo di danneggiarne la reputazione, l’onore, la dignità umana e l’integrità, fino a indurne il licenziamento; una loro recente indagine (2013), indica che il 6% dei lavoratori europei riferisce di aver subito un’esperienza di violenza, di tipo fisico o psicologico, sul posto di lavoro negli ultimi 12 mesi. In particolare, il 12% dei lavoratori intervistati riferisce di aver subito forme di violenza di tipo non fisico (ad esempio, attacchi verbali, minacce o attenzioni di tipo sessuale) nel corso degli ultimi mesi. Questa ricerca ha evidenziato anche che la violenza psicologica è più frequente di quella fisica e che i settori più colpiti sono quello sanitario, sociale e dell’amministrazione pubblica.
Ma che cos’è, dunque, il mobbing?
Il primo a coniare il termine mobbing, dal verbo inglese to mobb attaccare fu, negli anni cinquanta, Konrad Lorenz etologo e studioso del comportamento, premio Nobel nel 1973 per la medicina e la fisiologia. Lorenz lo utilizzò per spiegare il comportamento di attacco da parte di un animale e/o gruppo dominante nei confronti di un essere della stessa specie. Questo fenomeno tipico dei mammiferi, avviene anche nell’essere umano attraverso il comportamento che oggi definiamo bullismo.
Chi mobbizza, è quindi, un bullo adulto, pertanto più arguto e sottile di una adolescente che utilizza soprattutto l’attacco fisico, con spintoni, pugni, calci, o un’aggressione verbale aperta, diretta ed inequivocabile [1]. A conferma della parentela tra i due comportamenti, nei Paesi anglosassoni si usa l’espressione “bulling at work”, letteralmente bullismo sul posto di lavoro.
Capire se si sta subendo mobbing, però, non è così scontato. La violenza, l’abuso, il conflitto sono molto più striscianti soprattutto, ed è la maggior parte dei casi, se vengono perpetrati da un superiore, forte della sua posizione gerarchica, nei confronti di un sottoposto, anche se non mancano casi di mobbing tra pari grado.
In effetti, chi di noi non ha mai sentito un amico, un familiare, persino un conoscente lamentarsi di un collega o di un superiore e raccontare di una discussione, di uno screzio, di un litigio avvenuti sul posto di lavoro?
A chi di noi non è mai capitato di essere protagonista di uno di questi episodi?
Insomma, vivere una situazione relazionale conflittuale nel contesto lavorativo rientra nella norma e può accadere per ragioni endemiche come il carico di lavoro, le scadenze, gli imprevisti, gli errori o anche esterne come i terremoti, le pandemie, i problemi personali. D’altra parte i colleghi, come i parenti, rientrano in quella categoria di persone che non scegliamo, ma con i quali siamo costretti ad avere a che fare.
Cosa, dunque, contraddistingue un “normale” conflitto dai casi di Mobbing o Bullismo?[2]
La differenza sta nell’abuso di potere che uno dei due partecipanti alla relazione compie nei confronti dell’altro. Nella relazione conflittuale da Mobbing vi deve essere sempre uno dei due che, avendo potere gerarchico o godendo di potere riflesso, lo esercita per danneggiare l’altro, in questo caso il collega/sottoposto. Per questo il Mobbing è un reato come il Bullismo. Vi deve essere l’intento doloso. Nella cultura italiana il bullismo viene maggiormente correlato ad un fenomeno deviante dell’età adolescenziale. Il mobbing è lo stesso fenomeno tra adulti, non si agisce a scuola ma nel contesto lavorativo. Per questo motivo questa tipologia di Mobbing è molto grave non solo per il lavoratore ma anche per l’azienda o datore di lavoro. Sono comportamenti fuori norma e illeciti che generano dal punto di vista aziendale danni quali: inquinamento del clima organizzativo, ore di lavoro trascorse a compiere atti illeciti, demotivazione del lavoratore, scarsa produttività, assenze per malattie. La produttività è inficiata ed il prodotto/servizio ne fa le spese.[3] È importante inserire un ulteriore approfondimento e differenziare il Mobbing perpetrato “da un capo branco” solo ed esclusivamente per soddisfare i suoi personali bisogni, dal Mobbing strategico aziendale che, invece, può essere definito un modo malsano di gestire una crisi aziendale: può accadere che, per motivi di budget, i vertici decidano di ridurre i contratti maggiormente impegnativi dal punto di vista economico, utilizzando strategie scorrette tali da indurre il dipendente a licenziarsi o a metterlo nelle condizioni di essere licenziato. In questo modo si raggiunge l’obiettivo di abbattere i costi.
È intuitivo ritenere che il Mobbing ed il Bullismo siano fenomeni sempre esistiti. Oggi la scienza ci aiuta ad individuarli e curarli, la legge ci aiuta a controllarli e punirli.
Per maggiore approfondimenti su questa puntata cliccla qui.
[1] Anna Livia Pennetta “Bullismo, cyberbullismo e nuove forme di devianza”, 2019. Giappichelli Ed.
[2] Elisa Rolfo, “Bullismo tra adulti. Riconoscerlo, difendersi, combatterlo”, 2021. Youcanprint Ed.
[3] Fazna Mansoor, “Importanza del coinvolgimento dei dipendenti sulla produttività”, 2021. Edizioni Sapienza
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