PESCARA – Con una breve ma toccante cerimonia l’Amministrazione comunale di Pescara ha reso omaggio a mezzogiorno alle vittime, ai feriti, ai mutilati e agli sfollati pescaresi nel 78° anniversario del bombardamento americano del 14 settembre 1943, il secondo di quella estate di tragedia e il più devastante e sanguinoso. Al cospetto delle più alte autorità civili, militari e religiose, delle associazioni combattentistiche e d’arma, il sindaco Carlo Masci, il presidente del Consiglio comunale Marcello Antonelli e il prefetto Giancarlo Di Vincenzo hanno deposto una corona d’alloro ai piedi della lapide che sul muro sbrecciato della stazione ricorda lutti e sofferenze di una città il cui gonfalone, esattamente venti anni fa, venne decorato di medaglia d’oro al valor civile proprio per le vicende drammatiche della seconda guerra mondiale.
Dopo la benedizione di don Vincenzo Amadio e una lettura a cinque voci contro gli orrori della guerra, il presidente Antonelli ha richiamato la necessità di coltivare la memoria, non limitandosi alle sole e doverose commemorazioni, ma di fare della storia un insegnamento per il presente. È stato lui a passare la parola a Mimmo Sarchiapone, incisore classe 1931, che appena quattordicenne si ritrovò nella zona della stazione quando i B-24 americani sganciarono tonnellate di ordigni su un obiettivo che era gremito di migliaia di civili intenti a portare via dai treni merci fermi sui binari i viveri originariamente destinati a un esercito che non c’era più e di cui la popolazione aveva un disperato bisogno. Il sindaco Carlo Masci ha esortato a non dedicare «a questo muro solo un’occhiata distratta. Ci sembra qualcosa di vecchio, segnato dal tempo. Invece è storia viva. Questi segni fisici provocati da schegge di bombe e pallottole di mitragliatrice sono un indelebile sfregio morale alla civiltà e al senso di umanità».
E ha aggiunto: «Questo muro è rimasto com’era allora. Guardiamolo, qualche volta, per quello che rappresenta e non per quello che è. Pensiamo alla nostra storia come a un elemento irrinunciabile della nostra identità. Riflettiamo sui lutti e sui mutilati che portarono nelle carni i segni della guerra ripudiata dalla nostra Costituzione, sul dolore e sulla disperazione di un’intera popolazione, sulle distruzioni e sulla riedificazione della nostra città e del nostro Paese su basi democratiche e di libertà. È questo il nostro patrimonio, è questo ciò che questi mattoni, che hanno subito l’offesa degli uomini e del tempo, ci raccontano oggi e ogni giorno. Da quell’esperienza tremenda abbiamo trovato la forza per risorgere e per portare Pescara al ruolo di capofila dell’Abruzzo e punto di riferimento del centro Italia. Anche perché, nella costruzione del nostro futuro, non abbiamo dimenticato la lezione del passato».
Lascia il tuo commento