L’AQUILA – di Nando Giammarini – Camminare, lo sanno tutti, ha fatto sempre bene sial fisico che alla psiche. Se ciò avviene in montagna è ancor più salutare in quanto si respira aria pura a polmoni pieni ed è, a giudizio di molti esperti, un antidepressivo naturale. Fare una bella camminata in compagnia – di cui si sente la necessità ed il bisogno, dopo il lungo periodo d’isolamento dovuto alla maledetta pandemia che ha coivolto il mondo intero – non è solo divertente ma anche salutare, socievole e accessibile a tutti.
Parliamo di un fatto in cui le controindicazioni sono praticamente inesistenti. Non servono, inoltre, particolari attrezzature; se non comode scarpe da running e abbigliamento sportivo in funzione alla temperatura del luogo in cui la si compie. Camminare in modo frequente aiuta a migliorare la salute sotto vari profili: perfezionamento delle funzioni cardio circolatorie; ottimizzazione delle funzioni respiratorie, arricchimento della mobilità e della resistenza muscolare.
Colgo l’occasione di questa breve premessa per ringraziare il CAI di Barete , prossimamente CAI alta Valle dell’Aterno, per l’escursione organizzata domenica scorsa a Monte Cabbia mia terra d’ origine con la quale non ho mai interrotto il cordone ombelicale. Siamo a Giugno, uno dei periodi più belli dell’anno con la natura in piena esplosione primaverile prossima all’estate. In montagna, dopo il lungo torpore invernale, sembra una vita nuova, quasi una speranza nel futuro, una spinta che ci da forza e coraggio per non cadere nell’inerzia, nell’abulia ma continuare a credere nell’amico, nel paesano, nel parente, nel prossimo e nelle varie Associazioni del territorio che sono vero collante della nostra Comunità di montagna. Loro svolgono uno straordinario lavoro di coesione un desiderio particolare di speranza e di vita. In questo periodo la natura ci mostra tutto il suo splendore con le rose di diversi colori ed i fiori a campanello (maggiociondolo) che ornano i bordi di tutte le strade più un verde di diverse tonalità dei pini, cipressi e faggi. Un vero incanto di questa primavera rigogliosa, che dopo interi giorni di pioggia battente e freddo, è esplosa in tutta la sua bellezza.
Domenica a Monte Cabbia – dopo un saluto alla croce di vetta, istallata in ricordo della nostra conterranea, Serena Durastante perita in un incidente stradale due anni fa – era un vero e proprio spettacolo della natura con la vallata in piena fioritura, le greggi allo stazzo ed il cielo che all’orizzonte sembrava confondersi con i monti dando la sensazione dell’infinito. Un cammino dettato dalla forza del cuore, la volontà e la tenacia della gente di montagna. Forte, umile e generosa al tempo stesso. Il ritrovo per gli escursionisti era fissato per le 08.00 a Marana in piazza primo Maggio da cui si partiva alla volta di Cabbia esattamente lungo la SP 105 Monte Cabbia. Ad un certo punto, lato versante Cesaproba, attraverso una ripida carrareccia si inerpicavano sulla costa di Fonte Palomma (in dialetto). Quindi in un sentiero che conduce a Piano del Ferro quindi a Col di Maggio. Poi la volata finale verso monte Cabbia a quota 1506 mt. Il punto più alto segna anche il confine tra il Lazio ricadente nel tenimento del comune di Borbona e l’Abruzzo in quello del comune di Montereale. Di lì si gode uno spettacolo completo con la visuale che spazia tra i Sibillini, la catena della Laga e del G. Sasso più Monte Giano, Monte Corvo, il Nuria ed il Terminillo.
Al ritorno sostanzialmente il percorso è stato quello dell’andata con discesa al rifugio Monte Cabbia dell’ufficio per la Biodiversita dei Carabinieri Forestali dell’Aquila al comando del Maggiore Marta de Paulis che colgo l’occasione per rivolgerle un deferente saluto per il suo costante impegno al servizio della collettività e delle diverse specie che popolano il globo terrestre. Siamo d’accordo con il CAI di Barete di avviare insieme tutte quelle iniziative volte ad un percorso di valorizzazione delle nostre zone montane così belle ma regno indiscusso di una paurosa solitudine. Ciò ha il duplice obiettivo di portarci gente quindi dargli visibilità e vita ripristinando un tracciato di storia e di memoria.
Amo ricordare che in queste aride e pietrose zone montane i nostri antenati hanno speso la loro vita, tra fatiche e sudori lavorando quelle aride terre da cui ricavano molto poco essendo eccessivamente pietrose. I pastori ci portavano a pascolare le loro greggi e gli armenti ed in più le nostre madri riunite in gruppo per sfatare la paura e la fatica vi si recavano con l’asino a fare una soma di legna: unico combustibile di riscaldamento per il lungo e freddo inverno. Partivano con il somaro alle 3 di mattina e tornavano a casa intorno alle 10.00, in qualche caso anche con i propri figli più grandicelli al seguito. Io stesso ben ricordo di esserci andato , all’età di 7/ 8 anni, più volte con mio. fratello gemello.
Per me realizzare il progetto di far rivivere i nostri monti assume oggi i tratti di una doppia missione: quella di strutturare una grande rete sentieristica, con l’aiuto del CAI, coerente e competitiva sia sul piano turistico che della visibilità territoriale e quella di concretizzare un sogno, per il quale mi sono sempre speso con perizia e spirito d’attaccamento alla materna terra. A questo fine lo scorso anno con l’Associazione Rinnovamento di Cabbia e l’intervento di alcuni nostri giovani sensibili ai temi ambientali, che non finirò mai di ringraziare, riaprimmo dei sentieri e siamo pronti a manutenerli per fare in modo che siano sempre praticabili.
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