L’AQUILA – di Paola Retta – Se fosse nata una quarantina di anni fa, probabilmente Luisa Sergentini, che prese e mantenne il cognome del marito sposato a vent’anni, Annibale Spagnoli, sarebbe un’icona dell’imprenditoria femminile, campeggerebbe su decine di copertine di riviste, sarebbe un hastag di tendenza su Instagram, per non parlare dei followers che raccoglierebbero le sue pagine su Facebook e Tiktok.
Questo in virtù del fatto che ancora oggi il successo imprenditoriale di una donna viene celebrato sui media soprattutto in quanto appartenente al genere femminile, nonostante, ormai, il numero delle imprenditrici sia aumentato e continui a crescere in ogni settore.
Luisa Spagnoli, però, nacque nel 1877, a Perugia ed in una vita abbastanza breve, di soli 58 anni, è riuscita a diventare un’imprenditrice di successo in ben due settori, la gastronomia dolciaria e la moda, almeno apparentemente molto distanti tra loro. Nacque, cioè, in un momento storico in cui per le donne era piuttosto difficile studiare ed avere possibilità di lavorare e fare carriera, specialmente se si proveniva da una famiglia semplice e con modeste risorse: il padre pescivendolo e la madre, Maria Conti, casalinga.
Dopo il matrimonio, nel 1901, rilevò insieme al marito una piccola drogheria a Perugia che portò avanti ed ingrandì grazie a due doti universalmente riconosciute da tutti coloro che ci lavorarono insieme: una grande creatività ed uno spiccato spirito imprenditoriale. Decise, infatti, di ampliare la produzione con la creazione di caramelle, confetti, confetture e cioccolato.
Nel 1907 creò insieme ad altri due soci, tra cui Francesco Buitoni, fondatore dell’omonimo pastificio, una nuova azienda, la Perugina, la cui gestione passò, poco tempo dopo, nelle mani di Luisa Spagnoli e di Giovanni, figlio di Francesco, che la portarono da impresa artigianale ad impresa industriale.
Durante la prima guerra mondiale, tutti gli uomini, compreso Giovanni, vennero arruolati e partirono per il fronte.
Luisa si trovò, così, a gestire una fabbrica completamente al femminile, considerata, oltretutto, in tempi di ristrettezze dovute al conflitto mondiale, produttrice di “beni superflui”. Quando un decreto vietò il commercio dello zucchero in tempo di guerra, la Spagnoli, dimostrandosi la vera anima e guida dell’azienda, si concentrò sulla lavorazione del cioccolato. Si deve a lei la creazione del cioccolato fondente al 51%, in tavolette ancora oggi in commercio che portano il suo nome ed il cui processo di lavorazione è oggetto di brevetto e caratterizza ancora oggi la produzione Perugina.
Sempre grazie a lei ed in un’ottica anti-spreco, abbiamo uno dei cioccolatini più famosi al mondo, nato per non buttare via gli scarti del cioccolato e delle nocciole a fine produzione, il Bacio Perugina.
Nel 1923, il marito si ritirò dall’azienda e nello stesso periodo tra Luisa e Giovanni nacque una storia d’amore destinata a durare fino alla prematura scomparsa di lei, portata avanti con orgoglio e alla luce del sole nonostante i 14 anni in più della donna rispetto al compagno, fatto che spesso desta scalpore anche oggi, figuriamoci nella Perugia degli anni venti.
Oltre ad un grande intuito imprenditoriale, però, la Spagnoli ebbe il grandissimo merito di non dimenticare mai le sue origini e le sue radici e pur ricoprendo ruoli importanti all’interno dell’azienda, quali consigliere di amministrazione e responsabile delle confezioni di lusso, fu sempre molto attenta alle esigenze dei lavoratori ed in particolare delle lavoratrici: dà loro il diritto all’allattamento ed al congedo di maternità retribuito, apre un asilo nido nello stabilimento di Fontivegge e poi anche negli altri, nonché scuole per i figli dei dipendenti e spacci all’interno dell’azienda per consentire alle sue operaie di fare la spesa prima di tornare a casa; pagò studi e cure alle famiglie meno abbienti e ne assunse molti membri; mantenne diversi ragazzi orfani della città. Investì, inoltre, nella formazione delle sue lavoratrici, che non vennero licenziate quando, alla fine della guerra, ritornarono dal fronte i lavoratori.
I successi della Perugina furono alla base della nascita della Luisa Spagnoli abbigliamento, non solo perché la prima fortunatissima impresa costituì la fonte di capitali alla creazione della seconda, ma anche perché rappresentò per loro un’insostituibile scuola di imprenditorialità. Fu intorno al 1928 che cominciò a prendere corpo l’attività nel settore tessile che ancora oggi porta il suo nome.
Alla fine degli anni Venti, Luisa, insieme al figlio Mario, cominciò a selezionare esemplari di una specie domestica mai allevata sistematicamente in Italia, il coniglio d’Angora, per ottenere un filato da impiegare nell’abbigliamento. Il risultato fu sorprendente per omogeneità e sottigliezza. I conigli venivano pettinati, non tosati e tantomeno uccisi. Nel giro di breve tempo vide la luce l’Angora Spagnoli, dove si creavano indumenti alla moda, boleri e scialli.Il successo non tardò ad arrivare e gli sforzi si intensificarono: ben ottomila allevatori spedivano il pelo ottenuto da circa 250mila conigli a Perugia via posta, per essere trattato e utilizzato.
L’intuizione di Luisa Spagnoli consisté nell’utilizzare la lana del coniglio d’Angora per creare filati e confezioni quando in Italia questa fibra era quasi sconosciuta. Fino ad allora, l’allevamento del coniglio d’angora non aveva molto interessato gli allevamenti italiani.
Luisa morì a 58 anni il 21 settembre 1935, a causa di un tumore alla gola che l’aveva indotta a spostarsi a Parigi per provare a ricevere le migliori cure possibili e non riuscì a vedere il successo della sua nuova azienda.
La “Luisa Spagnoli”, condotta da suo figlio Mario, nacque ufficialmente nel 1937, si affermò presto a livello nazionale e internazionale, grazie alla qualità e eleganza dei suoi capi.
I figli e successori hanno continuato la tradizione imprenditoriale e illuminata della madre. Negli anni quaranta, in un periodo in cui molti soffrivano la fame e il freddo, gli Spagnoli regalavano ai loro operai per Natale maglie, calze e lana per un valore di 4.000 lire, una fortuna per quei tempi. Lo stabilimento di Santa Lucia aveva anche una piscina per i dipendenti. Oltre a tutto ciò, vennero costruite villette a schiera, tutt’ora esistenti, asili nido come negli stabilimenti della Perugina e per creare un ambiente amichevole e collaborativo, si organizzavano feste, partite di calcio, giochi e gare. Dalla famiglia Spagnoli e dalla loro lungimiranza ed attenzione ai lavoratori nacquero anche la Città dell’Angora, una vera e propria comunità indipendente e la Città della Domenica, il primo parco divertimenti in Italia, dedicato ai figli dei dipendenti ed aperto al pubblico nel 1963, tutt’ora in attività.
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