L’AQUILA – di Paola Retta – Nell’articolo precedente abbiamo approfondito le conseguenze del mobbing e di come i maltrattamenti o le relazioni tossiche possano portare a degli scompensi psichici veri e propri. In un interessantissimo articolo tratto dalla rivista IPSOA quotidiano, che si intitola Mobbing sul lavoro, si deduce per la Cassazione è stalking occupazionale. Ne riporto uno stralcio “La Corte di Cassazione, con sentenza del 5 aprile 2022, n. 12827, ha condannato il presidente di una s.r.l. per il delitto di atti persecutori per avere tramite reiterate minacce ingenerato nei dipendenti un duraturo stato di ansia e di paura, così da costringerle ad alterare le loro abitudini di vita.” Come si legge a chiare lettere, si parla di abitudini di vita. Cioè si riconosce apertamente che il mobbing non inficia soltanto l’ambito lavorativo di chi lo subisce, ma si espande e va ad intaccare anche gli ambiti extra lavorativi, erodendo le relazioni amicali, familiari e, ingenerando depressione, potrebbe causare l’abbandono persino di hobby, sport ed interessi culturali della vittima.
Sempre nello stesso articolo, pochi passi dopo, si legge: “Nel nostro Paese, la storia del reato di mobbing è molto diversa da quella vissuta in Francia. Dove il reato di mobbing è espressamente previsto dal codice penale nell’art. 222-33-2 – più volte ritoccato – che da anni punisce l’harcèlement moral, e, in particolare, il fatto di molestare altri mediante condotte ripetute aventi per oggetto o per effetto una degradazione delle condizioni di lavoro atte a ledere i suoi diritti e la sua dignità, ad alterarne la salute fisica o mentale o a comprometterne il futuro professionale”
Come si vede, il mobbing, in Francia, viene regolato addirittura dal codice penale.
Se ci si riflette bene, il Mobbing costituisce un fenomeno di interesse socioculturale, e nella maggior parte dei casi affonda le sue radici in una gestione delle risorse umane disfunzionale o dannosa per l’azienda e per suoi dipendenti; in Italia ci sono parecchi strumenti a cui far riferimento, come ad esempio il T.U. per la sicurezza nei luoghi di lavoro del 2008 che sancisce le regole e la metodologia da seguire per garantire il benessere organizzativo e psicosociale tra le risorse umane. All’interno dell’azienda i lavoratori possono far riferimento all’RLS (responsabile sicurezza dei lavoratori) che provvederà a segnalare il disagio a l’RSPP (responsabile servizio prevenzione e protezione). Anche l’INAIL mette a disposizione parecchi strumenti di prevenzione.
Andando avanti ed approfondendo l’argomento “mobbing” evidenzia la complessità del fenomeno che va inquadrato da due punti di vista: uno è il danno che procura all’azienda, che non va assolutamente sottovalutato, poiché incide sulla produttività, e l’altro sono le menomazioni psicologiche che la vittima di Mobbing può sviluppare, spesso associate anche ad un danno patrimoniale. Lo stress emotivo di una persona vittima di bullismo mette in subbuglio ogni ambito della vita stessa dell’individuo, sfociando spesso in disordini mentali come vedevamo la scorsa volta, con il disturbo dell’adattamento, insonnia, stress, nervosismo, depressione, attacchi di panico e disturbi alimentari. Un altro contesto, oltre a quello lavorativo, che risente maggiormente delle conseguenze negative del Mobbing è la famiglia del lavoratore mobbizzato, in quanto rappresenta il principale luogo in cui vengono riversati tutti i sentimenti di frustrazione e di impotenza scaturiti dal malsano e patologico ambiente lavorativo. Tuttavia, la dose quotidiana di negatività che la vittima del Mobbing porta nel suo nucleo familiare, può condurre ad una vera e propria crisi del rapporto con i familiari, i quali, dopo vari tentativi volti ad incoraggiare e sostenere il parente in difficoltà, finiscono con l’esaurire le risorse a disposizione per far fronte alla problematica lavorativa e portando anche, nei casi più estremi, all’abbandono, da parte dei componenti del nucleo, stremati anch’essi dalla situazione, della vittima di mobbing a se stessa.
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