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La commemorazione dell’anniversario del terremoto, in questo periodo è avvolto da un velo di tristezza aggiunta.

Pubblicato da Redazione
lunedì, 06 Aprile 2020 - 06:12
in Eventi

L’AQUILA – Questa è l’omelia del Cardinale Giuseppe Petrocchi durante la Santa Messa celebrata, a porte chiuse, questa notte, nella chiesa di Santa Maria del Suffragio.

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A undici anni dal terremoto, che ha devastato il nostro territorio, un altro “shock” si abbatte sulla Comunità Aquilana: questa volta si tratta di “onde-d’urto” non sismiche ma “virali”. Il famigerato Covid-19 ha causato i rovinosi “sussulti” sanitari che stiamo soffrendo.

Solo quando questo “tsunami” pandemico, che si è drammaticamente abbattuto sulle nostre abitudini, entrerà nella fase di riflusso, potremo capire l’entità e l’ampiezza dei danni che ha provocato. Infatti, alcuni effetti-percepiti delle calamità sociali sono “successivi” all’evento: come l’ematoma su un corpo non compare subito, ma dopo un po’ di tempo dal colpo subìto.

Anche le “risorse nascoste”, quelle custodite nei depositi profondi (personali e collettivi) e necessarie per affrontare le fasi di emergenza, si attivano nella misura in cui si prende coscienza-collettiva del disastro.

La battaglia contro il coronavirus può essere combattuta e vinta solo serrando le fila e mantenendo lo schieramento compatto della Comunità: civile ed ecclesiale. Il rispetto severo delle norme decretate esige una disciplina condivisa, animata dall’amore e orientata verso una speranza che non sarà delusa.

In questi casi non è sufficiente l’impegno di una “minoranza attiva” (per quanto ampia); non basta neppure che siano in “tanti” a mobilitarsi; occorre che “tutti” rispondano a questa “chiamata generale” e ciascuno faccia generosamente la propria parte. Bisogna mettere in “campo” una solidarietà intera, cioè a 360°: attenta a rilevare e soccorrere le nuove “urgenze” suscitate dalla condizione emergenziale. Compito, questo, che investe le Istituzioni, ma diventa anche “impresa” di popolo.

Sui volti e nei gesti della Gente aquilana ricompaiono la stessa dignità indomita e la fierezza operosa dimostrate nei giorni del terremoto.

Il cuore della comunità non deve perdere colpi o subire fibrillazioni disadattanti, ma, con ancora più vigore, deve pulsare flussi di coraggio, di “cittadinanza etica” e di tenace fiducia.

Ancora una volta siamo tenuti a vincere la sfida contro un destino avverso. Pure in questi tornanti faticosi della nostra storia troveremo la perseveranza creativa per andare avanti e costruire un futuro ricco di prospettive promettenti.

La calma razionale e composta deve tradursi in partecipazione intelligente e fattiva.

Tuttavia, l’allerta da coronavirus non riuscirà ad ammutolire la memoria del rovinoso sisma del 2009: la Città affiderà la sua voce ai 309 rintocchi di campana che, nella notte, ricorderanno le vittime del terremoto. Questi suoni, mesti e solenni, intendono abbracciare con la loro eco anche il dolore di tutte le famiglie che hanno perso i loro cari, spesso in circostanze strazianti, a causa del micidiale contagio.

Vediamo quello che non c’è (la piazza vuota), ma dobbiamo difenderci dal rischio di non-vedere quello che c’è (la presenza morale ed affettiva dell’intera comunità).

Le 309 stelle (che rievochiamo) rimarranno sempre accese nel cielo spirituale e civile della Città, così come brilleranno perennemente nell’anima dei loro cari. Nella notte di questo anniversario si accenderanno anche lampade e lumi per commemorare i morti da Covid-19: così, alle luci del “firmamento” aquilano si aggiungono altri “bagliori”, simbolo di un’ “appartenenza” destinata ad ardere per sempre.

Siamo chiamati, personalmente e insieme, a comprendere la “lezione” che la storia, “magistra vitae”, ci sta dando. Gli insegnamenti, impressi sui tragici eventi di questo tempo, vanno letti attraverso “lenti” interpretative culturali e scientifiche, ma anche alla luce della fede.

Certamente emerge con vigore un richiamo all’ “essenziale”, e l’energica spinta a distinguere saggiamente ciò che conta (e rimane!) rispetto a ciò che è effimero (e passa!).

Come credenti abbiamo la certezza che ogni sofferenza, abitata dalla Pasqua di Gesù, viene riscattata e resa fonte di salvezza. Per questo il “terreno” umano dove è stato sparso un grande dolore, se vivificato con l’acqua del Vangelo, fruttifica in sovrabbondante risurrezione.

Un grazie convinto e commosso va a tutti coloro che si prodigano per respingere gli attacchi insidiosi del coronavirus. Il monumento al loro eroismo, prima che venga costruito sulle piazze, è già stato edificato nel cuore della gente.

Chiedo alla Madonna (alla quale il 13 ottobre 2018 ho consacrato la Diocesi e la Città di L’Aquila) e ai santi Patroni, che, con la loro intercessione, difendano il nostro territorio dagli attacchi del male e ci aiutino ad essere un popolo che – dopo aver attraversato una dura prova – avanza migliorato nella sua “identità” e più unito di prima per adempiere il compito che gli è stato affidato.

Giuseppe Card. Petrocchi, Arcivescovo Metropolita di L’Aquila

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