L’AQUILA – Carissime Sorelle e Carissimi Fratelli in Cristo, durante il tempo di Quaresima mi è capitato di rileggere, con uno sguardo nuovo, l’episodio della tempesta sedata, raccontato nel Vangelo di Matteo (14,23-32). Questa meditazione mi ha aiutato ad incontrare più profondamente il Signore, crocifisso-risorto, e a fare un’esperienza più coinvolgente della Chiesa-comunione, fino a sentirmi spinto a ripetere, nei vostri confronti, le espressioni dell’Apostolo Paolo: «siete nel nostro cuore, per morire insieme e insieme vivere» (2Cor 7,3). È nella luce della Pasqua, perciò, che vorrei condividere con voi alcune riflessioni, cercando di collegare il testo biblico con le “pagine” della nostra vita.
Come precisa l’Evangelista, i Discepoli affrontano la traversata del lago, che si rivelerà piena di rischi e molto faticosa, non per iniziativa loro, ma per obbedire ad una disposizione di Gesù, che li aveva invitati a precederlo sull’altra riva (v. 22). pensare, di sentire e di agire più conforme al Vangelo.
In sintesi: l’abilità specifica del cristiano sta nel non lasciarsi sommergere dalle acque ostili della vita ma, con l’aiuto della grazia, nel riuscire a “camminarvi sopra”, trasformandole in superficie solida, su cui avanzare “verso” una comunione più piena: con Gesù, con se stessi e gli altri. Ecco il miracolo della Pasqua!
L’impresa, per essere completamente attuata, richiede di rimanere saldi nella fede, altrimenti dal “piano evangelico” si scivola sul livello solo umano, e si sprofonda nei problemi di prima. È quello che accade a Pietro (che ci rappresenta tutti!), il quale «vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami!”. E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”» (vv. 30-31).
Quando, a causa delle nostre fragilità, ricadiamo negli errori da cui ci pareva di esserci affrancati, Gesù ci tende la mano e ci “afferra”, consentendoci – se lo vogliamo – di “essere tirati fuori” dal vortice mortale della tempesta. L’aiuto che Gesù ci offre, attraverso la Chiesa, è la “mano” potente della Parola, della grazia e della comunione fraterna.
Bisogna lasciarsi “afferrare” da Lui, se non vogliamo sprofondare nelle sabbie mobili che ci portiamo dentro, o essere sommersi dalle “crisi” esistenziali che ci sfidano fuori. Questo “metodo evangelico” funziona sempre, anche nelle peggiori situazioni. Non si risorge dai naufragi della propria storia se non si accetta, serenamente, che da soli non ci salviamo, ma restiamo intrappolati nelle nostre debolezze.
Il racconto evangelico si conclude con una frase, carica di consolazione e di speranza: «Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: “Davvero tu sei Figlio di Dio!”» (vv. 32-33).
Se rimaniamo perseveranti nell’ascolto della Parola, nella celebrazione eucaristica, nella preghiera e nell’unità fraterna (cfr. At 2,42), vedremo, con gioia, che tutto passa (anche i venti più minacciosi si placano), ma Dio resta e scopriremo, con una verità più intensa, che solo in Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, ci è data la salvezza, spirituale e umana, di cui abbiamo bisogno (cfr. At 4,12). Va messo in risalto che Gesù “insegna” a Pietro a “camminare sulle acque”, prima di placare la tempesta.
È una indicazione importante, che dovrebbe risuonare nelle nostre invocazioni: cioè, prima di chiedere di essere liberati “dalle” difficoltà, è importante domandare, con costanza, la grazia di essere liberi “nelle” difficoltà. Ciò è possibile perché, nella Sua Pasqua, «Cristo ci ha liberati, perché restassimo liberi» (Gal 5,1): perciò, con l’aiuto dello Spirito, siamo chiamati a comportarci come «uomini liberi» (1Pt 2,16) e «cittadini degni del Vangelo» (Fil 1,27).
È fondamentale ricordare sempre che, secondo il progetto di Dio, è nella Comunità ecclesiale che questi eventi di salvezza possono ri-accadere: “per” noi e “con” noi. Sappiamo che nella Pasqua di Gesù, la morte è morta: allora viviamo da “vivi”!
Maria: Donna della Pasqua e Madre della Comunione, ci aiuti a perseverare nel “sì” crocifisso e risorto, non lasciandoci sviare da niente e da nessuno, perché – ne siamo certi – alla fine è sempre l’Amore che vince!
Con la mia benedizione, che vuole raggiungere tutti e ciascuno.
† Giuseppe Petrocchi
Arcivescovo