L’AQUILA – Le prime avvisaglie, seppur molto soft e come denunciato da diverse persone, si affacciarono almeno sei mesi prima. “Nessuno, a quanto sembra, considerò il problema in modo serio”.
La prima vera scossa, una forma di avvertimento, alle ore 23 di domenica 5 aprile. Ore 03.32, lunedì 6 aprile 2009; “la tragedia è servita”. 5.8 della scala Richter. Distrutto il centro storico della città, una casa delle studente trasformatasi in briciole, diverse piccole localitàdell’aquilano letteralmente distrutte, fra tutte San Gregorio e Onna, inesistenti, e che hanno scritto, loro malgrado, pagine brutte della nostra storia. Una settimana prima, il 31 marzo 2009, tutti gli abitanti erano stati rassicurati, tranquillizati. Non c’era affatto alcun pericolo di paurose scosse di terremoto, secondo quanto dissero gli esperti. “Parole, purtroppo, letteralmente smentite dal destino e dai fatti”. 309 le persone che morirono sotto le macerie; di questevittime, 8 giovani risiedevano nella casa dello studente. Alcuni furono estratti vivi, compresa una graziosa signora anziana che fece parlare, molto simpaticamente, di se. Mentre era sotto le macerie, fortunatamente ancora via, complice un varco aperto che faceva passare l’aria in quel mare magnum di cemento cascatole addosso, la “vecchietta“ stava facendo l’uncinetto. Una città colpita al cuore; nei giorni successivi si son verificate altre scosse, fortunatamente leggere e senza gravi conseguenze. Il 20 novembre scorso si concluso il processo a carico della Commissione Grandi Rischi. Sette gli imputati in tutto, compreso l’allora Vice-capo della Protezione Civile, Dr. Bernardo De Bernardis. In primo grado tutti condannati a sei anni di reclusione con l’accusa di “aver falsamente rassicurato gli aquilani e aver sottovalutato il rischio sismico al termine della riunione del 31 marzo 2009”. In appello, condannato solo De Bernardis a due anni, assoltiinvece gli altri sei imputati. Stesso verdetto confermato sei mesi fa, dalla Suprema Corte di Cassazione. Un grosso e devastante sisma, un fenomeno naturale non certo causato dall’uomo, ma che già si era fatto sentire, in modo timido, molto tempo prima. Aquilani e famiglie delle vittime addolorati e senza sapere se si poteva evitare, prevenire una tale catastrofe?!
A distanza di sette anni, si ricorda chi ha perso ingiustamente la vita, ma si cerca di rispondere a quelle domande che, dal quel 6 aprile 2009, ancora sono senza risposta. “La Storia che non si deve raccontare“. Il teatro, molto spesso impegnato con spettacoli di fortissimo contenuto sociale, il prossimo 23 giugno, e poi a seguire con 4 repliche, proverà a raccontare sotto forma di accurata analisi, il dramma dell’Aquila. La voce di Silvio Sarta ci riporterà con le nostri menti alla terribile notte di sette anni fa. Solo l’animo, il grido di dolore e, al tempo stesso, la voglia di rinascita di coloro che hanno vissuto la tragedia, possono veramente testimoniare cosa sia veramente accaduto al capoluogo abruzzese e ai suoi abitanti. Sconfiggendo così, una volta per tutte, il modo classico di fare informazione e raccontare la tragedia umana. “La Storia che non si deve raccontare“: in scena, prossimamente al Teatro Testaccio di Roma. Più di un semplice spettacolo, una vera sfida artistica: “arrivare alla tanto invocata verità”. “La verità che non si dice“.
Scritto da Marco Chinicò