L’AQUILA: – di Antonella Marinelli – “Tutta di verde mi voglio vestire, tutta di verde per Santo Giovanni ché in mezzo al verde mi venne a fedire, oilì, oilà…”
E’ così che inizia il dramma di Gabriele D’Annunzio “La figlia di Iorio”. In Abruzzo lo conoscono tutti, ma forse non tutti sanno che il Vate è stato ispirato da un fatto realmente accaduto ad Anversa degli Abruzzi (AQ), piccolo paese incastonato tra i monti alle porte dei Parchi.
La notte di San Giovanni nell’immaginario collettivo, è la notte magica, quella che attraversa il solstizio d’estate; la notte in cui gli animali parlano, si raccolgono erbe medicamentose, si concretizzano profezie.
Era il giorno in cui si celebravano i matrimoni, prima dei lavori estivi e la sposa si vestiva di verde come buon augurio per un avvenire prospero e sereno.
Fino agli inizi del 1900 ancora più che per l’uomo, il matrimonio segnava una vera linea di confine per la donna che cambiava vita, abitudini, spesso paese e la nuova famiglia che si formava girava proprio intorno a lei. L’uomo fuori casa per lavoro, spesso all’estero, o in transumanza, o richiamato al fronte di guerra non era parte attiva della vita domestica e, così, la donna ricopriva i ruoli di mamma, di papà, di contadina, di infermiera, di legnaiola, di assistente ecclesiastica, di allevatrice…. Oltre a portare avanti il focolare domestico! C’erano problemi reali da affrontare in modo reale e, quindi, ci si rimboccava le maniche e ci si sporcava le mani e non ci si arrendeva mai perché non ce n’era il tempo. E alla fine della giornata ci si riuniva tutti in una piazzetta, in un vicolo d’estate o in una stalla d’inverno e si ricamava, si tesseva, si sferruzzava e si chiacchierava e i bambini giocavano rallegrando l’aria….
Tanto tempo è passato, tanta strada è stata percorsa, ma il matrimonio continua a girare intorno alla figura della donna mescolando tradizioni antiche a nuove usanze perché il bello di questo giorno di festa sono proprio i riti e i gesti propiziatori che lo rendono speciale. Tra tutti mi piace ricordare “il laccio della sposa”: una collana d’oro che, di generazione in generazione passava da madre in figlia e ad ogni “passaggio” si aggiungeva un filo d’oro; tanti più fili aveva quanto più era antica.
Se volete entrare in questo mondo magico, vagamente sognante, il 17-18-19 giugno nei locali sotterranei del Palazzetto dei Nobili, a L’Aquila, ci sarà una mostra dedicata dal titolo “Santo Giovanni – Tutta di verde mi voglio vestire” a cura dell’Associazione la bottega delle Api Operose. Ci troverete costumi tradizionali aquilani, un abito da sposa ispirato al dramma Dannunziano, uno ripreso dai dipinti di Cascella, pezzi di corredo finemente ricamati; storie raccontate di erbe magiche, dolci tipici, liquori dal sapore antico che ci ricordano le credenze delle nonne e… non posso raccontarvela tutta, alcune cose bisogna vederle e ascoltarle per poterle assaporare.
La mostra aprirà i battenti il 17 giugno alle ore 17:00, nell’attesa vi regalo la ricetta del nocino della mia famiglia: avrete bisogno di 13 noci (la tradizione vuole che il numero sia sempre dispari e, preferibilmente, vengano raccolte la notte del 23 giugno), 1 lt di vino rosso (buono), 250gr di zucchero, 250gr di alcol. Lavare le noci, tagliarle a spicchi e metterle in un vaso capiente in infusione con il vino, coprire con una garza e lasciare al sole per 40 giorni passati i quali filtrate l’infuso, aggiungete lo zucchero e l’alcol, mescolate bene e imbottigliate in recipienti dal vetro scuro. Conservate in un luogo fresco e buio. Sarà perfetto da gustare a Natale, giusto in tempo per festeggiare il solstizio d’inverno. Come vedete i cicli si rinnovano sempre. Ma questa è un’altra storia.