L’AQUILA – In due norme, entrate in vigore questa mattina, è contenuto un nuovo regalo alle banche che potranno, grazie ad esso, recuperare le somme prestate ai clienti, in caso di mancato pagamento del mutuo, entro massimo sei mesi: un tempo record rispetto agli standard della giustizia italiana. Ma procediamo con ordine.
La riforma, pubblicata ieri sera in Gazzetta ufficiale, e meglio nota come “decreto banche”, oltre a prevedere nuovi super poteri per gli istituti di credito, riscrive le regole delle esecuzioni forzate. Tuttavia, pur nel dichiarato intento di rendere più veloci i pignoramenti immobiliari, il Governo è andato ad agevolare notevolmente il ceto dei creditori più forti, quelli che dispongono di capitali in grado di acquistare i beni oggetto di esecuzione forzata.
Il tutto si gioca attraverso la sinergia di due articoli che, messi in relazione tra loro, rivelano un impatto dirompente sui debitori: un impatto di gran lunga superiore alla tanto discussa e criticata clausola di inadempimento (anch’essa inserita nella riforma), che invece consente alla banca di concordare, con il debitore, al mancato pagamento di 18 rate, la cessione della casa alla banca stessa e la vendita senza bisogno del tribunale.
In prima battuta la riforma prevede la riduzione nel numero di aste giudiziarie sulla casa pignorata al debitore: se in precedenza queste potevano essere illimitate (non essendo previsto un limite massimo), oggi vengono ridotte a massimo tre. Il giudice, però, qualora il bene non venga venduto per l’assenza di offerenti, può disporre un quarto esperimento d’asta, fissando un prezzo base inferiore al precedente, fino alla metà (di norma, invece, il limite è un quarto). Una soluzione che si presta, certamente, alla svendita dell’immobile pignorato.
Tutta la procedura, peraltro – si legge nella nuova norma – dovrà durare massimo sei mesi, quando in passato il pignoramento immobiliare poteva invece protrarsi per anni (alcune procedure arrivavano a sfiorare anche 15 anni, specie nei tribunali del Sud).
Viene poi inserito, nel codice di procedura civile, un nuovo articoloche consente la partecipazione all’asta giudiziaria per conto di terzi: in buona sostanza, l’offerente, dopo essersi visto assegnare l’immobile, ha cinque giorni di tempo per indicare il nome di un terzo a favore del quale deve essere trasferito l’immobile (cosiddetta “assegnazione in favore di un terzo”). Viene così consentito alla banca di presentare offerte per conto di società partecipate o facenti parte del gruppo stesso. In questo modo, la banca, che prima finanzia la vendita dell’immobile, lo può acquistare all’asta a un valore dimezzato, attraverso una propria società immobiliare, delegata poi alla rivendita. Il tutto, come detto, in solo sei mesi.
Non solo: a ciò si aggiunge il regalo fiscale fatto, sempre dal Governo, in tema di imposta di registro. Infatti se la banca rivenderà, entro un anno, il bene che si è aggiudicato all’asta, non pagherà l’imposta di registro del 9% sul valore dell’immobile, ma solo un’imposta flat di 200 euro. Si pensi che, il risparmio su una casa del valore di 200 mila euro è di ben 18 mila euro, regalati dal fisco.