L’AQUILA: – Colpo duro per le Università abruzzesi, ma soprattutto per l’Ateneo dell’Aquila.
Il ministero dell’Università, con il decreto numero 463 del 3 luglio 2015, riduce i posti per gli studenti di Medicina in Abruzzo del 10%, con una pesantissima ripercussione del 30% sull’Ateneo dell’Aquila.
Come si legge nell’allegato 4 al decreto, L’Aquila passa da 140 a 98 studenti a fronte di un aumento da 170 a 180 posti assegnati a Chieti.
Il consigliere regionale aquilano del PD, Pierpaolo Pietrucci non ci sta e punta subito il dito: “Nessuno tocchi o provi a ridimensionare l’Università dell’Aquila. Sono le Regioni che comunicano al ministero della Salute le esigenze dei diversi Atenei, con specifiche richieste. È precisa responsabilità della Regione Abruzzo, dunque, l’incredibile penalizzazione che l’Ateneo dell’Aquila ha subito rispetto alla facoltà di Medicina di Chieti”.
Pietrucci chiede con forza che: “sia fatta chiarezza”.
Anche il consigliere comunale Emanuele Imprudente interviene:
“Suscita rabbia e indignazione la notizia del taglio, di un inaccettabile 30 per cento, ai posti della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università dell’Aquila, che vengono drasticamente ridotti da 140 a 98, contro un aumento per l’ateneo teatino, che passa, per la stessa facoltà, da 170 a 180 posti.
Un altro regalo del Pd, professionista dei disastri a tutti i livelli, nazionale, regionale e cittadino. D’Alfonso e Cialente ne sono gli autori. Il primo, come presidente della giunta regionale, è direttamente responsabile, dal momento che queste indicazioni pervengono al Ministero da parte delle Regioni. Cialente ne è complice, perché nulla fa e nulla dice contro questa ennesima vergogna.
La città dell’Aquila, ancora una volta, è umiliata, mortificata, ferita, stavolta proprio nel suo cuore pulsante: l’Università. Si vuole impoverire il capoluogo d’Abruzzo, ridurla alla fame economicamente, farla tornare indietro di settant’anni, privandola delle sue eccellenze e togliendole quel primato culturale che è sempre stato la sua forza e il suo vanto, rispetto al quale altri territori hanno sempre avuto malcelati complessi di inferiorità e covato invidie sotto forma di campanilismi.
Ora la cena è servita. Come antipasto la chiusura delle fabbriche e il mancato insediamento di nuove attività produttive, con la conseguenza di un aumento della disoccupazione e della povertà, come primo piatto una legge per la ricostruzione che, di fatto, ne sancisce il blocco e la paralisi, per secondo uno sviluppo turistico soffocato e il taglio alle istituzioni culturali, che ne mette a rischio la sopravvivenza, aggiungiamo vari contorni di promesse non mantenute (vedi aeroporto e Accord Phoenix) e infine, dulcis in fundo, come dessert, la mannaia sull’Università, proprio a colpire una delle facoltà di eccellenza e di maggiore attrattiva. Il tutto, va da sé, con ripercussioni anche sulla già martoriata sanità aquilana.
Adesso basta, è ora che gli aquilani si facciano sentire, a difesa della loro città, vittima di una depauperazione che non si vedeva dai tempi della conquista spagnola, contro un governatore che ne vuole la fine e contro una classe politica locale incapace di opporvisi.
Si ricordi, D’Alfonso, che, a proposito di malgoverno spagnolo, neanche costruendo una fortezza riuscirono a reprimere “audaciam aquilanorum”. Conclude il Consigliere comunale Emanuele Imprudente (capogruppo L’Aquila Città Aperta)
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