
BARETE (AQ): – di Claudio Gregori* – Quanto sta accadendo all’Aquila ed in tutti gli altri comuni del cratere ha del paradossale. E’ inimmaginabile, ma è purtroppo la verità, che nel più grande cantiere d’Europa ci sia un alto indice di disoccupazione nel settore dell’edilizia.
Lo stabilimento SACCI, sorto nel 1925, è attraversato da una crisi senza fine tant’è che sta ricorrendo alla cassa integrazione per 88 lavoratori. Non c’è stato dunque l’effetto volano che avrebbe dovuto generare la ricostruzione e se la società attuerà quanto comunicato ai sindacati, la chiusura definitiva, rimarranno per strada 88 lavoratori più l’indotto per un totale di circa 140 unità, con gravi ripercussioni economiche e sociali soprattutto nella zona di Cagnano Amiterno e paesi limitrofi.
Appaiono del tutto inopportuni ed intempestivi gli interventi di tutti coloro che, in questi giorni, stanno correndo al capezzale della SACCI per esprimere solidarietà ai lavoratori interessati. Come al solito c’è la classica “ripresa deju lattaru” o il classico intervento di provvedere alla chiusura della stalla dopo che i buoi sono scappati.
Non sarebbe stato opportuno che tutti i comuni del cratere avessero imposto alle ditte e alle aziende, a vario titolo interessate alla ricostruzione/ristrutturazione degli immobili danneggiati dal sisma del 2009, di ricorrere alle maestranze locali così come di acquistare il materiale necessario alle ditte aquilane? Forse in questa maniera, garantendo le ragioni del mercato locale, il territorio aquilano sarebbe potuto uscire da una crisi economica che lo attanaglia da quel drammatico 6 aprile di sei anni fa.
* Vice Sindaco del Comune di Barete (AQ).