L’AQUILA: – Gli Aquilani sanno tutto sulla simulazione del sisma di domani da parte della Protezione Civile, ma sanno che se arriva un’altra scossa nel centro storico rischiano la vita esattamente come nel 2009? No, nessuno glielo ha detto.
Gli Aquilani sanno tutto su come resistere sepolti sotto le macerie, ma non sanno niente dei sistemi che salvano la vita al 100%. Nessuno glielo ha detto, e nell’anno del Signore 2015 si sentono ripetere che mettersi sotto al tavolo è una delle soluzioni per affrontare il sisma: esattamente come prima dell’avvento di Cristo.
Ora, lontani dalle celebrazioni del 6 aprile, mi sento di chiedere a L’Aquila di riflettere sulle sue vittime e di interrogarsi su quanti di quei 309 si sarebbero salvati nella notte del 2009..
La questione è la seguente: è ora che alla pianificazione dell’attività di Protezione Civile sia impressa una revisione storica : simulazioni su come salvarsi la vita da una forte scossa, su come avere effetti non più tragici, su fasi di soccorso non orribilmente cruente come le conosciamo.
Le innovazioni tecnologiche ci sono: l’esempio degli isolatori sismici insegna non a tenerle lontane ma come farne uso.
La domanda alla Protezione Civile o, meglio ancora, al sistema che gestisce la prevenzione è: ci stiamo attrezzando per rendere disponibile la mano bionica a tutti ma non riteniamo doveroso informare la popolazione sui sistemi antisismici che salvano la vita? Non è forse “salvare la vita” al punto 1 degli obiettivi dello Statuto della Protezione Civile?
Contare i morti sembra ormai la prerogativa e lo scopo. Invece prevenzione significa innanzitutto evitare che la gente muoia, e quindi intervenire sulle vittime. Non il contrario. Ad oggi disponiamo soltanto di un’attività di pianificazione ed organizzazione della gestione del disastro: perfetta, generosa, esemplare, cui siamo grati. Ma solo questo.
E’ un fatto che le calamità naturali in Italia valgono più di qualsiasi altro affare: 250 miliardi di euro in un lustro è una somma da capogiro. Ebbene, dobbiamo combattere il gioco di chi vuole lucrare sul business delle catastrofi anche riconducendo la Protezione Civile al suo obiettivo primario di salvezza della vita.
“La fabbrica del terremoto. Come i soldi affamano il Sud” è il titolo del Rapporto 2011 dell’Osservatorio permanente del dopo sisma: una denuncia circostanziata di come le incursioni nelle aree colpite da sisma siano finalizzate al saccheggio dei contributi. La riprova di quanto dobbiamo vigilare e proteggere il Territorio, e non affidarne la gestione ad entità supreme.
Gli Aquilani sanno tutto su come resistere sepolti sotto le macerie, ma non sanno niente dei sistemi che salvano la vita al 100%. Nessuno glielo ha detto, e nell’anno del Signore 2015 si sentono ripetere che mettersi sotto al tavolo è una delle soluzioni per affrontare il sisma: esattamente come prima dell’avvento di Cristo.
Ora, lontani dalle celebrazioni del 6 aprile, mi sento di chiedere a L’Aquila di riflettere sulle sue vittime e di interrogarsi su quanti di quei 309 si sarebbero salvati nella notte del 2009..
La questione è la seguente: è ora che alla pianificazione dell’attività di Protezione Civile sia impressa una revisione storica : simulazioni su come salvarsi la vita da una forte scossa, su come avere effetti non più tragici, su fasi di soccorso non orribilmente cruente come le conosciamo.
Le innovazioni tecnologiche ci sono: l’esempio degli isolatori sismici insegna non a tenerle lontane ma come farne uso.
La domanda alla Protezione Civile o, meglio ancora, al sistema che gestisce la prevenzione è: ci stiamo attrezzando per rendere disponibile la mano bionica a tutti ma non riteniamo doveroso informare la popolazione sui sistemi antisismici che salvano la vita? Non è forse “salvare la vita” al punto 1 degli obiettivi dello Statuto della Protezione Civile?
Contare i morti sembra ormai la prerogativa e lo scopo. Invece prevenzione significa innanzitutto evitare che la gente muoia, e quindi intervenire sulle vittime. Non il contrario. Ad oggi disponiamo soltanto di un’attività di pianificazione ed organizzazione della gestione del disastro: perfetta, generosa, esemplare, cui siamo grati. Ma solo questo.
E’ un fatto che le calamità naturali in Italia valgono più di qualsiasi altro affare: 250 miliardi di euro in un lustro è una somma da capogiro. Ebbene, dobbiamo combattere il gioco di chi vuole lucrare sul business delle catastrofi anche riconducendo la Protezione Civile al suo obiettivo primario di salvezza della vita.
“La fabbrica del terremoto. Come i soldi affamano il Sud” è il titolo del Rapporto 2011 dell’Osservatorio permanente del dopo sisma: una denuncia circostanziata di come le incursioni nelle aree colpite da sisma siano finalizzate al saccheggio dei contributi. La riprova di quanto dobbiamo vigilare e proteggere il Territorio, e non affidarne la gestione ad entità supreme.
Antonio D’Intino
Consigliere Nazionale Ance
Past President Ance Abruzzo
Past President Ance Abruzzo