L’AQUILA: – L’Associazione Nazionale Difesa del Suolo A.Di.S., sin dalla fondazione nel 2002 ha programmato una serie di iniziative sul territorio nazionale per promuovere una nuova cultura della difesa del suolo che sposti l’attenzione dall’emergenza alla prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico.
Il confermato Direttivo Nazionale in carica vede:
– Presidente nazionale: Carlo Frutti
– Vice Presidente vicario : Giovanni Masciarelli (Abruzzo) – settore pubblico e ordini professionali;
– Vice Presidenti : Gaetano Gentile (Sicilia) – settore imprese -; Maurizio Ponte (Calabria) – settore università -; Nicola Sciarra (Marche) – settore università e ricerca -;
– Tesoriere : Dino Pignatelli (Abruzzo) – settore neve;
– Segretario : Michele Aureli (Abruzzo) – settore geologico.
Ripartiamo dalla notizia che il Capo del Dipartimento per le politiche di coesione istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Vincenzo Donato, ha comunicato alla Regione Abruzzo il via libera del governo a 87 interventi di difesa del suolo per un ammontare complessivo di 28 milioni 851.623 euro e dall’impegno della Giunta regionale abruzzese che ha deciso di riprogrammare tali risorse per la difesa del suolo allo scopo di fronteggiare le situazioni di maggiore criticità conseguenti l’aggravarsi dei fenomeni di dissesto idrogeologico che interessano il territorio abruzzese definito dal Presidente D’Alfonso “… il problema principale per l’Abruzzo in questo momento“.
Il programma prevede molti interventi che speriamo siano letti in un quadro d’insieme di programmazione vera e tutela del territorio e non solo come “finanziamenti” a pioggia a riparare “emergenze” ed “urgenze”.
Occorre, infatti, intervenire subito sul territorio ben comprendendo che la spesa per i danni a persone e cose a seguito di un dissesto idrogeologico è almeno dieci volte superiore ai costi di una attenta prevenzione.
Ogni intervento va considerato, pensato, gestito e realizzato al pari di un investimento con progetti chiari, soluzioni efficaci e definitive, di lunga durata, con ridotta manutenzione, a basso impatto ambientale, di rapida esecuzione, integrandoli nel tempo con un idoneo monitoraggio ed una costante manutenzione
Affrontare un sistema territoriale, insieme di ambiente naturale e costruito, dal punto di vista della sostenibilità, implica, la necessità di ristabilire legami corretti tra popolazione e ambiente, tra risorse ambientali e lavoro umano, tra economia ed ecologia.
Non sono, altresì, esaustivi i numerosi piani (leggi PAI) e la pletorica (e costosa) cartografia prodotti senza una puntuale e condivisa conoscenza, tra tecnici ed imprese, tra amministratori locali e parti sociali, delle problematiche, delle emergenze, delle modalità d’intervento e delle tecnologie innovative da applicare, senza una nuova cultura della qualità nelle scelte progettuali ed esecutive.
Un programma serio di messa in sicurezza del territorio che consenta a questo Paese di non cadere a pezzi più di quanto stia facendo. E l’unica ricetta è la prevenzione che si può fare con le risorse che ci sono ma che, bisogna immaginare un percorso più strutturato di messa in sicurezza, che preveda investimenti non eclatanti, ma certi e sicuri.
Più di 6.600 comuni italiani, centinaia in Abruzzo, in pericolo per la fragilità del suolo; 8 comuni su 10 sono ad alto rischio e quando piove, o nevica, o soffia forte il vento, ce ne accorgiamo drammaticamente, per non parlare del rischio sismico e di quello inquinamento.
Per un piano vero e concreto di riassetto idrogeologico servirebbero circa 40 miliardi. Troppi? Il costo sostenuto per riparare i danni negli ultimi 60 anni è stimato in 52 miliardi, 22 solo negli ultimi due decenni: circa un miliardo all’anno. Mentre i morti negli ultimi 50 anni sono stati 4.122 (3.407 per frane e 715 per alluvioni).
Tutto questo dice che quei miliardi da spendere per la prevenzione non sono poi così tanti né troppi; non sono tanto una spesa quanto un investimento.
Qualcuno pensa ad una assicurazione ? Quale assicurazione potrebbe coprire i danni che lo Stato fa fatica a rimborsare ?
l’Italia è stretta in una morsa, da un lato il quadro normativo confuso in cui si intrecciano norme europee, nazionali, regionali che faticano ad integrarsi perché prive di un disegno unitario e coerente e dall’altro l’inadeguatezza delle risorse finanziarie che impediscono di realizzare misure strutturali di difesa dal rischio idrogeologico.
Per questo non è pensabile che lo Stato abdichi ad un intervento urgente ed indispensabile di messa in sicurezza del territorio con una programmazione di opere di prevenzione che superi, però, il concetto dei confini amministrativi e si ragioni con un’unità di territorio, ad esempio il bacino idrografico, evitando di lasciare, come spesso avviene, la scelta degli interventi alle singole amministrazioni comunali senza tener conto di un quadro d’insieme. Su un territorio in stato di devastazione come quello italiano non basta, infatti, intervenire “puntualmente” per consolidare versanti e centri abitati, né per alzare argini.
Così come è necessario un percorso sulla ricerca sui rischi naturali, oggi totalmente ignorata dal Piano Nazionale della Ricerca del nostro Paese, che porti ad un “piano strategico di prevenzione” con la consapevolezza che prevenire è meglio che intervenire a danno avvenuto, ma che, soprattutto la prevenzione costa un decimo dell’emergenza.
Occorre tenere conto delle esperienze e dei disastri che, nel passato, in altre nazioni europee, hanno determinato politiche e progetti poco attenti alla tutela del territorio, così come delle esperienze positive e preveggenti di salvaguardia.
E’ impensabile ipotizzare una crescita industriale ed economica in generale, dall’insediamento urbano, alla costruzioni di infrastrutture di comunicazione e di servizio, senza valutare l’impatto determinato sull’ambiente, senza prevenire i possibili dissesti determinati dalle modificazioni imposte al territorio.
Allora pensiamo realisticamente ad un piano pluriennale di messa in sicurezza del territorio, anche con l’intervento di investimenti privati, comprendendo che la sicurezza è sinonimo di sviluppo: un territorio sicuro garantisce investimenti e crea occupazione.