L’AQUILA: – L’otto marzo è giornata nella quale i riflettori tornano a puntarsi sulle donne; mimose e manifestazioni, tavole rotonde e speciali sui media, ricordi e speranze.
Oggi, nell’Aula consiliare del Comune di Pizzoli, in provincia dell’Aquila, si procederà alla scoperta di una targa contro il femminicidio e le violenze di genere.
“Ringraziamo l’Amministrazione guidata da Angela D’Andrea per la sensibilità dimostrata nei confronti di un tema tanto grave” – afferma Gilda Panella, coordinatrice delle Democratiche della provincia dell’Aquila – “La nostra richiesta è stata già accolta, in provincia, dalle Amministrazioni dell’Aquila, Avezzano e ora Pizzoli. Nei prossimi giorni altre targhe saranno affisse nelle Aule consiliari nei comuni di Scoppito e Pratola Peligna. Segnali importanti di vicinanza e solidarietà con le donne da parte delle Istituzioni.” – dichiara la coordinatrice.
“Non una soluzione, siamo consapevoli, ma una dichiarazione di chiarezza e nettezza delle Istituzioni nei confronti di reati tanto odiosi e vili; reati che quotidianamente devastano e spezzano vite di donne, vittime di coloro che dichiarano di amarle: mariti, fidanzati, familiari o sconosciuti; donne alle quali è negato il diritto di scegliere e determinare il proprio futuro.”
“Ed è oggi – prosegue – che vogliamo denunciare l’ennesimo diritto negato alle donne. A quarant’anni dall’approvazione della legge 194/78, che nel nostro Paese disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza, in Italia l’aborto è tornato ad essere clandestino per troppe.
L’obiezione della stragrande maggioranza dei medici ginecologi nelle strutture sanitarie pubbliche determina di fatto la negazione del diritto alla salute delle donne.
E’ vero che è necessaria un’opera di prevenzione ma è innegabile la gravità della “cancellazione” di un diritto sancito da una legge dello stato; un diritto raggiunto alla fine di un percorso di lotte durissime.”
– Continua – “Si nega il diritto alla scelta, mai fatta ne’ vissuta a cuor leggero, delle donne: una condizione grave che mette a rischio la salute di tante; sembra di essere tornate indietro nel tempo quando le mammane laceravano carni e segnavano per sempre le vite delle donne che a loro erano costrette a ricorrere. Alle ragazze di oggi, a quarant’anni dalla legge 194, la parola aborto non conduce il pensiero a ferri di calza, cucchiaini, stampelle, spilloni, infusi di prezzemolo, “incidenti” per le scale e voli dalle finestre: così si procuravano gli aborti prima della 194 e questi erano i metodi che conoscevano bene le donne nate e vissute prima della legge.
Preoccupa e spaventa una società che non sia in grado di cogliere la difficoltà e il dolore profondo di chi vive sulla propria pelle le conseguenze di una “scelta” tanto complessa. Non di giudizi morali c’è bisogno ma di percorsi di consapevolezza e di tutela della salute delle donne, di strutture sanitarie pubbliche che garantiscano l’applicazione della 194 nel rispetto della dignità delle pazienti.”
– E conclude – “Dall’approvazione della legge, forte è stata l’azione per tentare di cancellarla e, fallendo l’obiettivo, si è agito per connotarla con un giudizio fortemente negativo.
Il silenzio che ammanta la solitudine nel dolore di tante donne è l’ennesimo tassello di un’avvilente regressione socioculturale che investe il Paese, regressione che travolge – e spesso compromette – le vite delle donne appartenenti alle fasce economicamente più fragili.
Di aborto non si parla, nel 2014, in Italia.”